Don Renato Sacco, Pax Christi: «A Baghdad, dopo la guerra»

11/04/2013
Don Renato Sacco di Pax Christi
Don Renato Sacco di Pax Christi

Baghdad, Irak

Suaad è rimasta la stessa, sembra che il tempo non sia passato. Mi sento toccare sulla spalla e quando mi giro ritrovo il suo volto che riconosco subito,  dopo 10 anni. L’ultima volta ci eravamo incontrati a Mosul, in Iraq, nella parrocchia dove era parroco Louis Sako, attuale Patriarca caldeo dell’Iraq. È una donna dolcissima, ma nello stessa tempo molto decisa. Per anni non ho saputo più nulla di lei, della sua famiglia. Ora ci incontriamo a Baghdad. E nei giorni della memoria della grande enciclica Pacem in terris (promulgata l'11 aprile 1963) mi vengono in mente le sue parole, nel dicembre 2002, quando si sentiva ormai nell'aria che la guerra (iniziata poi tre mesi dopo) ormai era decisa.
In un incontro serale con altri collaboratori della parrocchia, lei era catechista, mi chiese: «Ma voi, italiani, occidentali, sapete ragionare solo con le armi? L’unico modo di rapportarsi con noi iracheni è vendere armi e fare guerra? Prima avete contribuito alla guerra Iran-Iraq, poi alla prima guerra del Golfo, poi all’embargo, e ora una nuova guerra?». Il clima era molto familiare ma il tono delle parole deluso e amareggiato, segnato da tanta, troppa  sofferenza. Forse Suaad non ha letto la Pacem in terris, e non sa che sono già passati 50 anni da quando Giovanni XXIII l’ha scritta. Ma sicuramente ha capito il senso di quelle parole del Papa buono: dove si afferma che ritenere che le guerre possano portare alla pace «alienum est a ratione». Cioè, «è roba da matti». Eh sì, è proprio vero, molte cose cambiano di senso se cambia il punto di vista.

E’ diverso ricordare la Pacem in terris con i piedi nel Tigri, come qualcuno mi diceva scherzando,  o ricordarla con i piedi nel Tevere o nel Po. A Roma il 10 aprile scorso c’è stato l’incontro alla Camera dei deputati tra alcuni parlamentari e i coordinatori della campagna "NO F-35" per dire «come già oggi possa esistere una forte maggioranza a favore di uno stop della partecipazione italiana al costoso e problematico progetto di cacciabombardiere JSF».
E' un segno di speranza. Così come è sicuramente un segno di speranza Papa Francesco, che da subito ha ricordato i poveri e le tante guerre. Sono punti di vista che avvicinano a quanto davvero succede alle persone con le guerre.

In questo senso si può sperare che il Tevere sia un po' più vicino al Tigri, e magari anche alla Miljacka di Sarajevo. Forse è un po' faticoso per il Po, visto che i suoi "devoti padani" lo identificano spesso come il fiume della divisione del Nord dal Sud, il fiume dove riempire l’ampolla e dalle cui sponde dichiarare "guerra a Roma". No, non si può scherzare con la guerra, neanche a parole. Neanche se lo fa un ex ministro, ora Presidente della Regione Lombardia. La guerra è sempre roba da matti. Ancora peggio mentre sono in corso guerre più o meno dimenticate. Mentre viviamo giorni di trepidazione e paura per il rischio di un attacco nucleare da parte della Corea del Nord.

Chissà se in questi giorni troviamo il tempo di andare a rileggere la Pacem in terris? Vecchia di cinquant'anni, ma sempre molto attuale. E poi, una volta letta, magari farne motivo di annuncio, di catechesi e di formazione anche politica. Quante volte ancora oggi si sente parlare di guerra come un male necessario. O peggio ancora, si ritiene che la guerra sia qualcosa normale. Se già Papa Giovanni cinquant'anni fa scriveva queste cose, cosa dovremmo dire noi oggi, di fronte ad armamenti sempre più sofisticati e distruttivi? Chiudo e lascio la parola al "Papa buono", che con coraggio scrive queste cose in un momento molto delicato per il mondo intero: «Gli armamenti, come è noto, si sogliono giustificare adducendo il motivo che se una pace oggi è possibile, non può essere che la pace fondata sull’equilibrio delle forze. Quindi se una comunità politica si arma, le altre comunità politiche devono tenere il passo ed armarsi esse pure. E se una comunità politica produce armi atomiche, le altre devono pure produrre armi atomiche di potenza distruttiva pari. In conseguenza gli esseri umani vivono sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile. Per cui giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci. [...] Al criterio della pace che si regge sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia. Noi riteniamo che si tratti di un obiettivo che può essere conseguito. Giacché esso è reclamato dalla retta ragione, è desideratissimo»  (Pacem in Terris, 59-62).

don Renato Sacco,
consigliere nazionale di Pax Christi

a cura di Alberto Chiara e Antonio Sanfrancesco
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare
%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati