24/02/2012
Grafene, fullerene, nanotubi, nanoparticelle, carta intelligente: tutti termini che sentiremo sempre di più perché sono alla base della prossima rivoluzione tecnologica, già tangibile nei laboratori scientifici. Intanto, prima di addentrarvi in questo dossier che vi racconta il futuro, date un'occhiata a questo video realizzato all'Istituto Italiano di tecnologia di Genova. Il protagonista è un robot umanoide, si chiama iCub:
All'inizio del 2012 la Regina Elisabetta ha conferito il
titolo di Baronetto a due fra i maggiori cultori di queste nuove branche
della Fisica. Sono diventate una realtà anche nei nostri
laboratori dove si è ben consapevoli dell'interesse strategico dei
materiali che ne scaturiranno e che gradualmente si apprestano a fare la
loro comparsa sul mercato. Anzi, l'Italia gioca un ruolo di primo
piano nel progetto pilota della Commissione europea che è ambizioso,
quasi visionario.
Ma torniamo per un attimo indietro nel tempo, al 2003: nel nostro Paese, dove nella ricerca non raramente accade che la parentela e le connessioni contino più del merito e lo spazio lasciato ai giovani è davvero limitato, qualcuno sceglie di sparigliare le carte e decide di costruire un Centro di ricerca avanzato che si ispiri ai migliori del mondo, tipo il Mit di Boston o il Max Planck tedesco. Per assonanza col primo lo chiamano Istituto Italiano di Tecnologia, IIT. Come sede viene scelta Genova perchè città di consolidate tradizioni scientifiche e industriali, ora decisamente in sofferenza . Si opta per un vecchio edificio demaniale dismesso che si trova sulle colline di Bolzaneto dove in un certo senso si domina la Finmeccanica di Sestri Ponente con le sue enormi difficoltà. Lo sventrano, lo ricostruiscono dall'interno e ne ricavano locali da fare invidia ai laboratori avanzati delle grandi università americane.
Nanoparticelle (foto IIT di Genova).
Nel frattempo si costituisce un comitato scientifico internazionale di consulenza in cui l'unico italiano è il presidente. Si tratta di un nome prestigioso: il professor Emilio Bizzi del Centro di Scienze Cognitive del Mit. Gli si affiancano protagonisti illustri provenienti da Svizzera, Giappone, Israele e dagli Usa coi quali inizia la caccia ai cervelli tramite concorsi direttamente banditi sulle riviste scientifiche più qualificate come Science e Nature. Il risultato è che l'età media dei ricercatori dell'IIT oggi è di 30 anni, e ciò in un'Italia dove l'università è fra le più gerontocratiche al mondo. Inoltre i giovani scienziati che vi lavorano, fisici, chimici, ingegneri, matematici, biologi giungono da tutto il pianeta, dagli Usa come da Cuba, dalla Germania come dall'India; alcuni sono italiani con grandi esperienze estere.
Roberto Cingolani, direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia in una foto tratta dalla rivista "Wired".
Anche il direttore scientifico è un italiano di vasta esperienza
internazionale. Si chiama Roberto Cingolani, laureato alla Normale di
Pisa, ha alle spalle anni in Germania e in Giappone: ”Abbiamo
sparigliato le carte? Può darsi, ma subito ci siamo accorti che fra
tante incrostazioni e sovrastrutture pure in Italia ci sono grandi
eccellenze, al sud come al nord”. L'IIT che funziona solo dal 2005 ha già costruito una rete in modo da collegarsi con i migliori Centri delle nostre università, del Cnr, dell'Enea, e dei Politecnici. ”Abbiamo celebrato veri matrimoni scientifici”, dice Cingolani. “Ad esempio a Pisa lavoriamo sulla biorobotica e al Politecnico di Torino ci occupiamo di robotica spaziale.” Come dire di intelligenza nello spazio. Anche se la parola che Cingolani più frequentemente usa è nanoscienza: sarà infatti la nanoscienza, scienza dell'estremamente piccolo a permettere grandi sviluppi a tutta l'Intelligenza Artificiale.
“Sogno che a Bolzaneto nasca un polo scientifico che faccia da traino a nuove industrie e a nuove attività. E non è solo un sogno perchè i primi startup stanno nascendo”.
Ida Molinari