01/12/2011
Nel 5,5% di questo
gruppo di bambini si può
parlare di “depressione dichiarata”.
Nei bambini restanti
abbiamo constatato
la presenza di demotivazione
nell’89%, di noia
nel 27%, di ribellione alla
scuola nel 24%, di isolamento
nel 22%, di sensazioni
persecutorie nel
5%, di rifiuto di andare a
scuola nel 5%. Solo il 5%
dei bambini non dichiara
alcun problema.
Considerato che nell’intera popolazione infantile, dai 6 ai 12 anni, i casi di depressione sono circa il 2,5%, si deduce che i bambini ad alto potenziale intellettivo sviluppano sintomi di depressione in quantità statisticamente più elevata rispetto al gruppo di tutti gli altri bambini. Inoltre il 67% mostra problemi che, se non sono sufficienti a decretare una depressione, sono però a essa predisponenti e possono essere considerati come fattori di rischio elevato.
Dato che questi problemi si evidenziano in coincidenza con la frequenza scolastica, sia nella scuola dell’infanzia sia nella primaria, è chiaro come sia necessaria per un’adeguata prevenzione la formazione specifica degli insegnanti a riconoscere questi bambini e ad attuare una didattica e un comportamento a loro adatto.
Non è difficile comprendere le cause della frequenza di sintomi
depressivi nei bambini ad alto potenziale intellettivo.
Sono una
minoranza: il 3% della popolazione infantile è intellettivamente
superdotato, il 5% molto dotato. Hanno un pool non comune di capacità
percettive, intellettive, ma anche di “sensibilità”: quel mix ancora
poco definibile che permette di intuire, empatizzare, soffrire, gioire,
di cui vediamo soltanto alcune espressioni e la cui risultante chiamiamo
intelligenza e che tendiamo a interpretare prevalentemente dal punto di
vista cognitivo.
Questi bambini, in una classe dove generalmente nessun
altro bambino è in sintonia con loro, si trovano, proprio nello spazio
dedicato principalmente all’apprendimento, di fatto isolati e quasi
sempre non compresi neppure dall’insegnante.
Generalmente l’insegnamento
non è abbastanza personalizzato da consentire anche a loro pari
opportunità di apprendimento, e i loro entusiasmi, le loro domande, la
loro capacità di andare verso le conquiste della mente sono frustrate.
Ovviamente i bambini non hanno mezzi per valutare il significato della
loro situazione, e la reazione alla diversità è sempre un disagio, un
senso di inferiorità.
La solitudine o meglio, l’isolamento, sono una
realtà per il bimbo superdotato, che non può neppure godere del
prestigio e della cura che si rivolge ai bambini dotati nel campo della
fisicità.
Chi eccelle nelle attività fisiche, infatti, presto può essere
affidato a maestri speciali, è continuamente gratificato e stimolato,
acquista l’abitudine alle prove e agli errori, che subito possono essere
seguiti da un successo.
Così i bambini che si distinguono in discipline
apprezzate fuori della scuola, come la musica. I saggi delle scuole
musicali, la musica di insieme, l’esaltazione delle prime composizioni,
danno ai piccoli musicisti una percezione buona di sé e favoriscono la
visione del futuro, del progetto, delle esperienze positive che danno
speranza e fiducia.
Nulla di questo al bambino superdotato. Le sue
domande irritano, la sua prontezza si traduce in noia perché nessuno
compensa il tempo che intercorre fra la loro comprensione e quella degli
altri, i tentativi di mettersi in luce vengono umiliati.
Se un bambino
scrive o disegna qualcosa di straordinario viene spesso accusato di “non
averlo fatto da solo”.
Se dà a un problema una soluzione il cui
risultato è giusto, ma ottenuto con un procedimento non banale, molto
spesso gli si impone di seguire il metodo approvato dall’insegnante,
altrimenti il risultato può essere casuale. Se legge o scrive prima
degli altri, deve spesso fingere di non esserne capace, perché molte
scuole dell’infanzia non accettano tali performance.
Federica Mormando