01/12/2011
Quanto alla ricerca qui
esposta, è soltanto un inizio,
da completare.
Bisogna
per esempio considerare
quanti bambini con
sintomi depressivi si sono
rivelati ad alto potenziale
intellettivo e quanti si siano
normalizzati a seguito
di un intervento della
scuola.
Quali i sintomi
più frequentemente mutati
a causa di un intervento
didattico e comportamentale
adeguato.
Quali gli interventi
e quali gli errori
più incisivi su ogni tipo di
sintomo.
La strada è ancora
lunga.
Io spero che gli insegnanti di tutt’Italia si interessino a questo argomento, portando avanti una ricerca ancora agli inizi, e priva quasi completamente di precedenti.
Quanto alle famiglie i cui bambini dimostrano, dopo l’entrata nella scuola, sintomi di demotivazione e di noia, tendenza a rifiutare la scuola, fatica a sentirsi in sintonia con i compagni, ribellione o apatia, la prima cosa da fare è indagare il motivo, astenendosi dal facile criticare i bambini o dallo sterile rivolgersi agli insegnanti dando loro ragione o torto a priori.
In ogni caso, bisogna essere attenti a ogni calo di entusiasmo e
rimotivare il bambino principalmente alla giusta stima di sé. Può essere
utile anche la frequenza ad attività extrascolastiche, come un corso di
musica o di pittura, o partecipare alle iniziative che molti musei
organizzano per i bambini.
Qualunque scintilla di interesse nuovo, qualunque prospettiva di un
lavoro mentale che porti risultati e permetta di vedere oltre è un aiuto
al progetto, alla speranza, alla stima di sé e alla fiducia critica ma
solida nell’autorità buona.
Il centro studi Erickson dedica a questo
problema e alla sua soluzione un workshop nell’ottava edizione del
Convegno Internazionale “La Qualità dell’integrazione scolastica e
sociale”, il 19 novembre a Rimini.
Federica Mormando