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Un pellegrino in viaggio verso Santiago di Compostela
È una frase abusata ma assolutamente vera e giova quindi ripeterla: il viaggio è metafora della vita. Da Sulla strada di Jack Kerouac, manifesto della generazione beat a La strada, romanzo post-apocalittico di Cormac McCharhty passando per il film La strada di Federico Fellini, viaggio nell’Italia contadina degli anni Cinquanta. Con la nostra immaginaria macchina del tempo passiamo a volo d’uccello sopra i viaggiatori del Grand Tour del Settecento, le grandi rotte degli esploratori intercontinentali del Cinque-Seicento, i pellegrinaggi medioevali sulla via Francigena e Romea del Medioevo, o sul cammino di Santiago. Fino alle grandi e misteriose migrazioni di popoli, dalla rotta di san Brendano nel VI secolo dall’Irlanda all’America al viaggio del Kon-tiki, dal pacifico al Sud America.
Se poi scaviamo nel mito troviamo il viaggio di Ulisse oltre le colonne d’Ercole ricordato nell’Inferno di Dante Alighieri, grande poeta e viaggiatore dello spirito. E Orfeo, poeta e cantore che viaggia nel regno dei morti per incontrare la sposa Euridice.
La vita è un viaggio, a piedi o in automobile che sia. Utilizzando uno slogan biblico potremmo scrivere sul camper o sulla nostra roulotte con cui andiamo in vacanza: Non abbiamo quaggiù un fissa dimora. I senza fissa dimora, gli homeless che vivono sulla strada come chiunque al mondo è in difficoltà. Anche noi homeless, senza fissa dimora per qualche mezzora, quando la nostra auto ci abbandona in panne sul ciglio della strada.
Dunque viaggiare ha mille significati e sfumature. Oggi si viaggia perlopiù per lavoro o per piacere ma rispetto al passato il viaggio è sicuro e non rappresenta più quel rischio che faceva chiedere ai pellegrini medievali la benedizione prima di partire. Ogni viaggio, oggi come ieri, sottopelle ha il presentimento di poter esser l’ultimo viaggio. Ma vale la pena tentarlo perché, come insegnano i cinesi: chi viaggia vive due volte.
Alfredo Tradigo
Pubblicato il
27 febbraio 2013 - Commenti
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