Beni della mafia, parla don Ciotti

A 15 anni dalla legge per il riutilizzo sociale delle proprietà dei mafiosi sono tanti i risultati ottenuti. Ma sono ben 3.185 quelli ancora da assegnare. Ecco perché.

La mozzarella liberata - Intervista a don Ciotti (seconda parte)

12/01/2012
Alcuni ragazzi di "Estate liberi" al lavoro sulle terre confiscate alla mafia in Sicilia.
Alcuni ragazzi di "Estate liberi" al lavoro sulle terre confiscate alla mafia in Sicilia.

– La nascita, nel marzo 2010, dell’“Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata” è stato un passo avanti importante?

«L’effettività della confisca non si raggiunge con la sentenza definitiva, né con il decreto di destinazione ma solo con l’effettivo e reale riutilizzo dei beni per le finalità istituzionali e sociali. Sicuramente l’istituzione dell’ Agenzia nazionale, chiesta a gran voce da Libera negli Stati generali dell’antimafia del 2006 e del 2009, costituisce un rafforzamento dell’aggressione ai patrimoni illeciti. Ma deve però essere messa nelle condizioni di funzionare, sia con un adeguato numero di personale sia per le risorse».

– Libera sta lavorando a una legge europea sulla confisca dei beni della mafia. A che punto siamo?

«La nostra azione di proposta prosegue. Siamo convinti che sia necessaria l’adozione di una direttiva europea estesa a tutti i 27 Paesi membri. E anche per quanto riguarda il nostro Paese è importante costruire sane alleanze che vedano protagoniste nella lotta alla mafia le migliori forze economiche e sociali del nostro Paese. Solo così possiamo ottenere quel salto di qualità che tutti ci aspettiamo. Basti pensare alle collaborazioni nate con il Corpo forestale dello Stato, l’Unione nazionale giovani dottori commercialisti ed esperti contabili, il Consiglio nazionale dei Geometri, le organizzazioni agricole (Acli Terra, Coldiretti, Confederazione italiana agricoltori, Confagricoltura e Copagri)».

– Quindici anni di legge sulla confisca dei beni. Un bilancio?

«Innanzitutto dico che la legalità conviene. Quando nel 1995 Libera propose la grande mobilitazione per sostenere il disegno di legge partiva dalla consapevolezza che la confisca dei beni e il loro riutilizzo per finalità sociali e di sviluppo economico costituiscono la sintesi delle dimensioni che deve avere il contrasto alle mafie. La dimensione investigativo-giudiziaria, la dimensione politico-amministrativa, quella economico-produttiva, quella sociale, culturale ed educativa. Questa sintesi costituisce un’opportunità, e declinata nei territori a forte presenza mafiosa devono vedere insieme, con ruoli e compiti diversi, magistrati, prefetture, enti locali, sindacato e mondo delle professioni, le categorie agricole, università, chiese, scuola, associazioni e cooperazione sociale. Questo è un patrimonio che va rafforzato».

– Sui prodotti terreni sottratti alle mafie è nato il consorzio “Libera Terra”. Quale realtà rappresenta oggi?

«Raggruppa le cooperative concessionarie del marchio. Fino ad oggi ha rappresentato – grazie a Cooperare con Libera Terra, Agenzia per lo sviluppo cooperativo e la legalità – uno strumento a tutela e garanzia dei requisiti base di carattere sociale, tecnico ed organolettico che definiscono il comune denominatore che le cooperative devono rispettare. Le cooperative coltivano circa 2000 ettari di terra con un fatturato complessivo che supera i 5 milioni di euro, dando lavoro a più di 150 occupati regolari, oltre a tutti i lavoratori stagionali. Proprio in questo mese inizieranno le produzioni di mozzarella di bufala nel caseificio di Castelvolturno dedicato alla memoria di don Peppino Diana. E nel corso del 2012 nasceranno altre nuove cooperative, in collaborazione con il Progetto Policoro della Conferenza episcopale italiana fondato da Don Mario Operti: ad esempio, ad Agrigento la cooperativa Le Terre di Rosario Livatino e a Trapani la cooperativa Le Terre di Rita Atria. Infine, voglio ricordare l’iniziativa Estate Liberi, che ha coinvolto più di 4.000 giovani a formarsi e a lavorare sulle terre e sulle strutture confiscate. Quest’anno anche nel Centro-nord Italia.

Luciano Scalettari
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