12/01/2013
Le difficili operazioni di rimozione del relitto della Concordia (Reuters).
Un anno dopo il naufragio della grande nave da crociera Costa Concordia all'isola del Giglio, dove si trova tutt'ora adagiata su un fianco e con uno squarcio di 70 metri sul lato emerso, l'allarme per il possibile inquinamento dell'ambiente marino si riaffaccia. In realtà il delicato ecosistema ha resistito prima al rischio di sversamento in mare di idrocarburi e poi alla fuoriuscita di oli e miscele di prodotti civili.
Il ministero dell’Ambiente è intervenuto con i battelli anti-inquinamento già poche ore dopo l'incidente per monitorare lo stato delle acque, un’azione che ad oggi prosegue.
Il fatto che la Concordia avesse 15 serbatoi carichi, con 2.400 metri cubi di combustibile, essendo appena partita da Civitavecchia, destava preoccupazione: “Le dimensioni di carico degli idrocarburi e dell'olio lubrificante sono tali da assimilarla a una piccola nave porta-petrolio” aveva detto il ministro dell'ambiente Corrado Clini, ricordando che lo svuotamento dei serbatoi richiedeva tempi relativamente lunghi e che comunque la prima cosa da fare era andare avanti con il salvataggio di vite umane.
Le associazioni ambientaliste - Legambiente, Wwf e Greenpeace - hanno messo in evidenza già all'indomani del naufragio i pericoli per quella zona ricchissima di biodiversità, posta in area sensibile, all'interno del parco dell'Arcipelago Toscano e del Santuario dei cetacei. La richiesta principale rivolta al Governo ha riguardato la formulazione di un decreto per rotte sicure anti-inchini.
“C’è stato bisogno invece di questo disastro per avere le prime regole sui trasporti marittimi nel Santuario: il famoso decreto “anti inchini” che tra l’altro prescrive norme per evitare la dispersione in mare di carichi pericolosi”, commenta Alessandro Giannì, direttore delle campagne di Greenpeace Italia.
“Un incidente di questo tipo era prevedibile e Greenpeace non è stata
certo l’unica a lanciare un allarme sull’affollamento delle rotte
marittime in un’area teoricamente protetta”.
Il decreto è servito a ben poco: circa sei mesi fa un cargo turco, la
Mersa2, si è arenato di fronte all’Isola d’Elba. A dicembre 2012, poi,
un traghetto della Grimaldi ha perso al largo di Palermo (dopo aver
attraversato il Santuario dei Cetacei), una decina di tir e
semirimorchi.
Insomma, un’altra Costa Concordia è possibile.
“La popolazione del Giglio, e tutti gli amanti di questo splendido mare,
attendono la rimozione del relitto, che continua a essere rinviata. Le
operazioni di recupero del carburante sono state fortunatamente condotte
a termine senza incidenti ma la nave è comunque un contenitore di
sostanze pericolose, come rilevato da un nostro rapporto”, continua
Giannì.
Felice D'Agostini