Sicurezza, quel senso d'onnipotenza

Gli incidenti sono la prima causa di morte sotto i trent'anni. E alle tradizioni insidie oggi si aggiungono tablet, smartphone e navigatori. Meglio investire sui corsi di guida sicura.

La battaglia dell'Associazione Europea Familiari e Vittime della Strada Onlus

24/06/2012
Gianfranco Dellamore e la moglie Lilia Gaviani, fondatori dell'Associazione Europea Familiari e Vittime della Strada, con la figlia Serena. Sono i getitori e la sorella di Roberta Dellamore, morta a 15 anni in un incidente a Cesena, nel quadro alle loro spalle (foto: ElisabettaZavoli).
Gianfranco Dellamore e la moglie Lilia Gaviani, fondatori dell'Associazione Europea Familiari e Vittime della Strada, con la figlia Serena. Sono i getitori e la sorella di Roberta Dellamore, morta a 15 anni in un incidente a Cesena, nel quadro alle loro spalle (foto: ElisabettaZavoli).

Hanno fondato insieme l'Associazione Europea Familiari e Vittime della Strada, che è una Onlus (www.vittimedellastrada.eu) dopo aver perso una figlia in un incidente. Sono Gianfranco Dellamore e la moglie Lilia Gaviani, genitori di Roberta, che aveva 15 anni quando morì schiacciata da un'auto tra il paraurti e un lampione, a Cesena. Oggi l'Associazione ha circa 200 iscritti che versano una quota e oltre 1.500 aderenti e sostenitori. L'obiettivo è uno solo: battersi per una cultura della sicurezza stradale e per una legislazione più rigorosa in materia di prevenzione degli incidenti. A questo proposito, l'Associazione ha appena presentato al Presidente del Consiglio Mario Monti alcune proposte concrete. Ne parliamo con Gianfranco Dellamore.

Qual è il primo punto che avete presentato a Monti?
   «La richiesta di istituire un curriculum sciolastico già dalle elemenari che preveda lezioni di sicurezza stradale, con voto obbligatorio sulla materia, e alla fine di tutto l'iter scolastico, se il giovane non ha raggiunto la sufficienza, non può sostenere l'esame di guida per la patente».

E le altre proposte in termini di prevenzione?

   «Chiediamo anche che tutti quei poliziotti che passano il loro tempo negli stadi per tenere a bada i tifosi, tutte le domeniche, siano impiegati di più sulle strade, in modo da aumentare la quantità dei controlli, perché continuano a esserci comportamenti estremamente incivili al volante. E se con si aumentano i controlli, spesso gli automobilisti non si comportano in modo responsabile. Inoltre, abbiamo chiesto al Presidente Monti che quando qualcuno crea un incidente mortale, il costo del "bonus malus" dell'assicurazione sia aumentato in maniera considerevole su di lui, e non distribuito in modo uguale anche sugli automobilisti che non fanno mai incidenti e hanno comportamenti responsabili. E infine abbiamo ancora una volta ricordato a Monti che l'incidentalità stradale ha un costo annuo, in termini sociali, di 40 miliardi di euro, e cioè due pesanti "finanziarie", quindi la battaglia per la sicurezza, oltre a salvare vite umane, è efficace anche in termini di sviluppo del Paese».

Che cosa pensate, come Associazione Europea Familiari e Vittime della Strada, delle campagne di sensibilizzazione che negli ultimi anni sono sempre più pressanti?
   «Sono sicuramente efficaci, più informazioni si danno sui rischi di una guida fuori dalle regole meglio è. Anche per gestire le conseguenze di un incidente. Noi dopo una trasmissione su RaiTre continuiamo a ricevere lettere di familiari di vittime della strada che non sanno come ricevere giustizia. Perché quando c'è un morto sulla strada, purtroppo, è tutto oro colato per gli avvocati, che spesso pensano soltanto a chiudere la "partita", così hanno un 10 per cento del ricorso da parte delle assicurazioni. La vittima spesso diventa il "colpevole", chi è morto è cancellato dal mondo e non se ne parla più. Anzi, sembra che la cosa più importante non sia quella di avere giustizia per un comportamento criminale al volante, ma avere o non avere se il perdono della famiglia».

Lei e sua moglie siete stati toccati dall'incidente nel quale è morta vostra figlia Roberta e avete fondato l'Associazione. Siete d'accordo sul principio, ormai consolidato, per cui negli incidenti la fatalità non esiste, ed è sempre colpa di chi guida?
   «Assolutamente sì. I giornalisti purtroppo non fanno altro che scrivere di "auto assassine", o di "tragica fatalità". Mentre, sia che l'incidente lo si procuri sia che lo si subisca, la responsabilità è sempre di chi siede al volante, e non rispetta i limiti, non si ferma al semaforo, guida scrivendo sms o azionando dispositivi elettronici, sempre più diffusi tra i giovani, o ha assunto droghe o alcol in grandi quantità. Per esempio, quando è morta mia figlia, anzi, quando è stata "uccisa" mia figlia, chi l'ha investita era un anziano che aveva subìto un grave ictus, e sapeva di non avere più le capacità psico-fisiche adatte per guidare un'automobile in sicurezza. Anche nel caso di mia figlia, quindi, non è stata una fatalità».

Siete d'accordo, come Associazione, sull'introduzione del reato di "omicidio stradale"?
   «Certo, noi appoggiamo la proposta, diamo anche ai nostri associati un'assistenza legale, e siamo assolutamente d'accordo sull'introduzione di questo reato».


Un pensiero per sua figlia, Roberta Dellamore...
   «Nel luogo dov'è morta, in via San Mauro, a Cesena, vicino alla Chiesa di San Paolo, abbiamo sistemato una statua, la Madonna dell'Amicizia, perché Roberta donava a piene mani amicizia. Solo questo. Chi vuole può fermarsi a dire una preghiera».

Pino Pignatta
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