02/11/2011
Il caporale Gilad Shalit.
Da un lato, la sagoma smunta del caporale Gilad Shalit, cittadino israeliano e francese, carrista, per cinque anni prigioniero delle milizie di Hamas. Dall’altro, l’esultanza dei palestinesi alla liberazionedi un migliaio di detenuti, usciti dalle prigioni di Israele in cambio, appunto, del solo Shalit.
Su tutto, anche sul dramma di tante vite comunque sconvolte, la sensazione di una coazione a ripetere che offre pochi sbocchi. Hamas festeggia, ma che cosa? Molti dei suoi torneranno a casa e non troveranno lavoro, altri riprenderanno le armi per uccidere o morire: quali sono i passi avanti? Israele accoglie con compostezza il ritorno del suo soldato, ma nella stasi delle trattative con la parte palestinese non violenta, sigla un accordo con quella violenta. Siamo pessimisti? Ma allora perché in pochi giorni sono morte 12 persone, tra le quali un civile israeliano ucciso da un razzo sparato da Gaza?
Forse ha ragionechi dice: se vogliamola pace, impariamo a pensare in modo diverso. Daniel Levy e Sari Nusseibeh, che abbiamo incontrato durante un seminario dell’Alta cuola di economia e relazioni internazionali dell’Università Cattolica di Milano, ci regalano molti spunti per un modo diverso di affrontare il problema.
Fulvio Scaglione