23/01/2012
Una manifestazione dei tassiti in Francia contro la nuova legge sulle pensioni di categoria (foto Reuteurs).
Anche nella capitale francese, come nel capoluogo lombardo, e come a Roma e a Napoli, la vita del tassista non è tutta rose e fiori. Il traffico caotico che peggiora ogni anno di più allunga i tempi delle corse e dunque ne riduce sensibilmente il numero. I prezzi del carburante sono schizzati alle stelle, e per procurarsi una licenza bisogna sborsare almeno 200 mila se non 300 mila euro.
Ma se i tassisti parigini hanno poco, anzi pochissimo da stare allegri, sono anche e soprattutto gli utenti che fanno una vita da cani.
Vediamo perché. Premesso che nella capitale francese le auto pubbliche in circolazione, munite di regolare licenza, sono 15.600, ossia una ogni 150 abitanti (una proporzione rispettabile e teoricamente sufficiente per soddisfare le esigenze degli utenti), il problema è che trovare un taxi a Parigi, certi giorni (soprattutto nei fine settimana), a certe ore (dalle 8 alle 10 e dalle 18 alle 21), e quando piove è una missione impossibile. Qui ci si trova davanti a un mistero che nessuno, finora, è riuscito a risolvere. E’ vero che gli orari di lavoro dei tassisti sono poco elastici e male calcolati (sembra che i turni finiscano proprio nelle ore in cui ci sarebbe più bisogno di auto pubbliche).
Protesta dei taxi nel centro di Parigi (foto Reuters).
E’ anche vero che molti tassisti, piuttosto che girare in città,
preferiscono andare a aspettare i clienti negli aeroporti: una corsa tra
Roissy Charles De Gaulle o tra Orly e il centro costa dai 40 ai 60
euro, mentre una corsa “intra muros”, in mezzo agli ingorghi infernali,
costa, in media, 10-12 euro.
Si spiegherebbe così, almeno in parte, la difficoltà di trovare un taxi
“al volo” (come a New York). Del resto, anche le fermate dei taxi nelle
trade di Parigi, e quelle davanti alle stazioni ferroviarie, sono quasi
sempre disperatamente vuote. Si dirà che c’è sempre la risorsa di
chiamare un radio taxi. Ma qui c’è un altro, inspiegabile mistero: il
taxi chiamato per telefono arriva una volta si e una volta no.
Le tre principali compagnie dei “taxis parisiens” che fra loro
gestiscono almeno un terzo delle auto pubbliche, sono talmente
consapevoli del problema che propongono agli utenti degli abbonamenti
sotto forma di blocchetti per 10, 20 o 30 corse. Una volta abbonati
basta telefonare a un numero preferenziale e comunicare il proprio “pin”
segreto e miracolosamente il taxi arriva. Non proprio sempre, ma almeno
9 volte su 10. Il guaio è che quello che dovrebbe essere un servizio
gratuito, è diventato una fonte di lauti guadagni per le compagnie dei
taxi: ogni tagliando del blocchetto costa 6 o 7 euro, che si aggiungono
al prezzo della corsa. Altra anomalia parigina: quando si chiama un
radio taxi, l’autista innesca il tassametro nel momento stesso in cui
accetta la chiamata, per cui quando l’utente sale a bordo c’è già una
cospicua somma che si aggiunge anche lei al prezzo della corsa.
La speculazione sfrenata sulla penuria dei taxi (e sulla pelle e sul
portafogli degli utenti) spiega perché sia i tassisti indipendenti che
le compagnie si oppongano con tutte le loro forze a qualsiasi tentativo
di liberalizzazione. Tre anni fa, l’economista Jacques Attali, ex
collaboratore di Mitterrand, era stato incaricato dal presidente Sarkozy
di trovare idee per liberalizzare l’economia francese. Nel suo rapporto
Attali aveva suggerito, fra l’altro, di raddoppiare il numero dei taxi
parigini, distribuendo licenze gratuite. La risposta non si era fatta
attendere: prima ancora che si cominciasse a discutere sull’argomento,
la protesta dei tassisti aveva paralizzato la capitale, e il progetto di
Attali era finito nel cestino.
Paolo Romani
a cura di Pino Pignatta