Contrordine compagni, il Pd non c'è più

20/04/2013

C’era una volta un partito rispettato e temuto per la compattezza, la capacità militante di stare sempre al proprio posto. I suoi “fedeli” obbedivano a ordini superiori - anche sconcertanti - perché la linea era che «il partito ha sempre ragione».

Si chiamava Partito comunista italiano. Chi lo voleva prendere in giro per il militaresco senso dell’obbedienza, utilizzava una frasetta che colpiva nel segno: «Contrordine, compagni!». E tutti sorridevano. Ma quel senso d’appartenenza, quel rigore che poteva diventare stolido ma garantiva l’unità, era rispettato e magari invidiato. Quando in altri partiti si sfiorava la rissa, a riportare tutti sulla retta via bastava dire: «Prendete esempio dai comunisti!».

È difficile rimpiangere tutto ciò ma resta il fatto che nessuno si aspettava di vedere gli eredi del Pci regolare i propri conti alla maniera del più selvaggio Far West sotto gli occhi del Paese intero.

E infatti, “è finita”, dicono tanti elettori del Pd - il partito che ha fuso "a freddo" l’anima del vecchio Pci con quel che restava del Partito popolare - mortificati dai comportamenti dei dirigenti. Perché se c’era una cosa di cui i militanti del Pd mostravano orgoglio, era il senso dello Stato dei loro leader. Ebbene, tutto questo è svanito in un colpo solo. Un beffardo destino per gli eredi del Pci: far volare gli stracci più privati nel momento pubblico più sacro, l’elezione del Capo dello Stato. Il Pd ha concluso così un percorso rivelatosi troppo difficile per i suoi dirigenti. Certo, alcuni avranno anche sbagliato in buona fede: più che una giustificazione, un’aggravante.

Perché vuol dire che hanno ricoperto un ruolo troppo gravoso per le loro capacità. Ora, tra le macerie, trovare i resti da cui ripartire sarà un compito titanico: rottamatori e inciucisti di professione, freddi burocrati o calorosi pasionari, nessuno ha compreso quanto stia cambiando l’Italia.
Eppure, chi era sensibile alla crisi strisciante del partito, aveva avvertito per tempo. Ricordate Nanni Moretti? Salì su un palco, a piazza Navona, e disse: «Con questo tipo di dirigenti non vinceremo mai. Non sanno parlare alla testa, all’anima e al cuore delle persone». Era il 2002, undici anni fa. È cambiato qualcosa da allora? Se sì, in peggio. Resta la speranza nel Pd non si pensi che al peggio non c'è mai fine. E che ci si vergogni per aver costretto un anziano, stanco, sfibrato leader di un passato che non tornerà, a rimettersi in gioco nuovamente.



Manuel Gandin



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a cura di Francesco Anfossi e Fulvio Scaglione
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