Non possiamo lavarcene le mani

Garantire l'accesso permanente all'acqua è uno degli Obiettivi del millennio individuati dalle Nazioni Unite. La Giornata mondiale dell'acqua è l'occasione per approfondire la questione

Due anni fa il referendum: cosa è successo dopo?

22/03/2013

Dopo il successo del referendum del 2011 contro la privatizzazione dell’acqua, in molti si chiedono che cosa è cambiato. Poco o nulla. Nessun acquedotto è stato “ripubblicizzato” perché nella maggioranza dei casi i proprietari sono i Comuni. Le società per azioni miste pubblico-private sono rimaste tale e quali. L’unica novità di rilievo è l’istituzione dell’Autorità dell’acqua presso la già esistente Autorità per l’energia e il gas che sta preparando un profilo tariffario transitorio proprio in ottemperanza al risultato referendario che impone di cancellare dalle bollette il famoso 7 per cento di remunerazione del capitale.
Nel frattempo, i problemi della nostra rete idrica si aggravano.
Urgono investimenti non più prorogabili per almeno 65 miliardi di euro; quasi il 30% della popolazione è sprovvisto del servizio di depurazione e un’alta percentuale è fornita da impianti troppo piccoli o obsoleti, per cui sono pendenti due procedure di infrazione a livello europeo; una ulteriore procedure europea potrebbe essere emanata se entro il 31 dicembre del 2012 se l’Italia non si adegua in tema di qualità del servizio. I parla infatti, non solo di carenze e discontinuità nell’erogazione, ma anche di arsenico e fluoruro superiori ai limiti di legge in molte zone del Paese.
L’Autorità ha di fronte una responsabilità rilevante nel garantire l’applicazione della legge in un servizio pubblico così vitale. “Fino a oggi non sono stati fissati livelli di qualità del servizio uniformi né sono stati regolati aspetti quali la trasparenza della fatturazione e le condizioni contrattuali”, dice Egidio Fedele Dell’Oste, direttore della Direzione tariffe dell’Autorità per l’energia e il gas.

La ricognizione dell’Autorità

Per effettuare una ricognizione completa dello “stato dell’arte” del settore idrico e per tracciare una mappatura degli operatori e degli stakeholder che operano in questo settore, l’Autorità ha preliminarmente costituito un gruppo di lavoro. L’attività di ricognizione, svolta dal gruppo in collaborazione e in continuo confronto con esperti, operatori, rappresentanti delle istituzioni e associazioni di settore, ha consentito, oltre che di raccogliere utili informazioni sul sistema idrico nazionale, anche di mettere in evidenza le numerose criticità che oggi caratterizzano il servizio idrico e che riguardano non solo la qualità assicurata ai clienti finali ma anche la tutela dell’ambiente e del territorio in generale.

Il quadro di riferimento e le problematiche del settore

Il settore dei servizi idrici, che comprende le attività di captazione, potabilizzazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione, ovvero tutte quelle attività che servono per portare l’acqua fino al nostro rubinetto, è caratterizzato da un quadro di insieme estremamente complesso. Un forte elemento di complessità è dovuto dalla stratificazione normativa che si è determinata nel tempo, alla quale non si è affiancato nessun intervento di coordinamento e sistemazione. A titolo esemplificativo basta citare i numerosi interventi legislativi che in meno di 20 anni, si sono rapidamente succeduti: a partire dalla legge Galli del 1994 che aveva avviato un primo intervento di ridefinizione della struttura organizzativa e regolatoria del settore, passando per il d. lgs n.152/06, il cd Codice dell’ambiente, che ha stabilito i requisiti per l’affidamento in house del servizio idrico; per la legge 42/10 che ha demandato alle regioni il compito di riattribuire le funzioni delle Aato da sopprimere, per il d. l n. 70/11 che ha istituito l’Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, fino al d. l n. 201/11 che ha soppresso l’Agenzia e come visto, ha trasferito all’AEEG le funzioni di regolazione e controllo del settore. Interventi ripetuti che hanno contribuito a determinare una forte frammentazione gestionale e che denotano la mancanza di una strategia generale che non si limiti a gestire la contingenza, ma consideri il servizio idrico anche in termini di ricaduta sulle generazioni future.
Ma non solo: anche l’ elevato numero di soggetti che interagiscono in questo settore, spesso con compiti e competenze non sempre chiaramente delineate rappresenta un elemento di criticità. Basti citare che nel settore idrico, oltre ai soggetti operanti nel contesto istituzionale come le Autorità d’ambito, gli enti locali rappresentati e le Regioni, vi è anche un altissimo numero di operatori che, ad oggi, dovrebbe aggirarsi intorno ai 3000 soggetti, ma di cui non esiste una completa anagrafica a livello nazionale. Questa forte frammentazione gestionale, rappresenta sicuramente un ulteriore ostacolo al raggiungimento delle economie di rete e di integrazione necessarie per l’efficienza. Oltre a queste problematiche, che potremmo definire “gestionali”, la ricognizione avviata dall’Autorità per l’energia ha sottolineato quanto le criticità legate al settore riguardano principalmente due aspetti, quello impiantistico e di rapporto con le utenze e quello finanziario: entrambi necessitano di soluzioni non più ritardabili.

Nel primo gruppo, una criticità riguarda il problema delle perdite di rete, che in Italia si aggirano al 30% dell’acqua immessa in rete e non fatturata, un livello che eccede sensibilmente le percentuali “fisiologiche” registrate negli altri Paesi europei, come la Spagna (22%); Gran Bretagna ( 19%), Danimarca (10%) e Germania (7%). Un’ulteriore grave problematica riguarda la qualità del servizio fornito ai consumatori: per il raggiungimento dei livelli qualitativi della risorsa richiesti dalle normative europee e nazionali sono necessari investimenti urgenti negli impianti di approvvigionamento e potabilizzazione. A tale proposito, sull’Italia pende una “spada di Damocle”: il 31 dicembre 2012 termina l’ultima deroga concessa dalla Commissione europea al nostro Paese per l’adeguamento del servizio. È necessario agire prontamente: infatti non si tratta solo di carenze e discontinuità nel servizio, che colpiscono soprattutto il Meridione, ma in alcuni territori si è registrata una quantità di arsenico e di fluoruro superiori ai limiti di legge; una situazione che deve essere rapidamente corretta per la tutela della stessa salute umana. Il segmento di attività che evidenzia le carenze maggiori è quello della depurazione: quasi il 30% della popolazione risulta sprovvista di questo servizio e gli impianti risultano, in molti casi, di piccole dimensioni e tecnologicamente obsoleti. Al momento, a causa dei sistemi di fognatura e depurazione che in molti contesti urbani risultano ancora non conformi agli standard ambientali fissati dalla normativa comunitaria , contro l’Italia sono aperte due procedure di infrazione europee. In assenza di interventi, le eventuali sanzioni ricadrebbero su tutti i contribuenti italiani e non eviterebbero, in ogni caso, l’obbligo di sanare le violazioni agli standard ambientali europei.

Ma ancor prima del rischio di multe, è necessario sottolineare i gravi problemi di inquinamento e i rischi sanitari derivanti dall’assenza o dalla non adeguatezza dei sistemi di depurazione. Per quanto riguarda invece l’assetto finanziario, l’ovvio punto di partenza è che, per sanare le problematiche sopra descritte, saranno necessari investimenti per oltre 65 miliardi di euro ( e alcuni fonti giudicano sottostimata questa stima). In particolare, il fabbisogno di infrastrutture è coperto dai contributi pubblici a fondo perduto per una percentuale estremamente limitata, circa il 10%, e gli investimenti ad oggi realizzati sono in grande ritardo rispetto alla programmazione. E’ dunque necessario e urgente procedere a gli ingenti investimenti richiesti: è un’esigenza prioritaria a cui si deve rispondere qualsiasi metodologia tariffaria verrà intodotta e nel rispetto del quadro legislativo e comunitario.

La tutela dei consumatori

A livello nazionale, attualmente, non esiste un quadro organico di interventi efficaci a tutela di utenti e consumatori: fino ad oggi non sono stati fissati livelli di qualità del servizio uniformi né sono stati regolati aspetti quali la trasparenza della fatturazione e le condizioni contrattuali . Inoltre, nonostante numerose previsioni a livello legislativo, anche lo strumento della Carta dei servizi, che deve fissare principi e criteri per l’erogazione del servizio e rappresenta un elemento integrativo dei contratti di fornitura, sembra aver avuto una scarsa efficacia nel tutelare i consumatori, principalmente sia perché mancano controlli effettivi sull’applicazione sia perché poco conosciuta dai consumatori.

Il metodo tariffario - premessa

Come si sta muovendo l’Autorità per l’energia per realizzare un modello tariffario che incentivi i gestori a realizzare gli ingenti investimenti necessari, al minor costo per il cliente e perseguendo il buono stato ecologico della “riserva acqua”? Per capirlo, è necessaria una premessa L’acqua è un bene pubblico e gratuito, ma che per essere fruito da noi consumatori necessita di una serie di attività di captazione, potabilizzazione, adduzione, distribuzione, fognatura e depurazione. Come è ovvio, queste attività comportano dei costi, non solo per il normale esercizio ma soprattutto per finanziare i necessari investimenti

La copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio per questi servizi, è i primo indicatore fondamentale di cui tenere conto nel definire la regolazione tariffaria. Infatti non solo è rimasto vigente nel testo del D.lgs. 152/06 anche dopo l’abolizione referendaria, ma è stato ribadito successivamente dalla Corte Costituzionale , dall’Unione Europea e dal decreto 70/11, convertito nella legge 214/11, che sottolinea nuovamente che il metodo tariffario da approvare debba assicurare la copertura integrale di tutti i costi di esercizio e di investimento, compresi i costi finanziari . Ecco dunque i confini per determinare il nuovo sistema tariffario entro i quali l’Autorità per l’energia può muoversi, per non incappare nella violazione di norme nazionali, europee e delle pronunce costituzionali. Un sistema che dovrà colmare un vuoto regolatorio: attualmente infatti l’Italia è “spaccata” fra gestioni che applicano il Metodo Tariffario Normalizzato (MTN) per determinare le tariffe, così come previsto dalla Legge Galli, e una quota non trascurabile di altri gestori con circa il 35% della popolazione servita, che si rifanno a criteri precedenti.(CIPE).

Oltre alla copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, nell’adottare il sistema tariffario il Regolatore deve tenere conto anche degli obiettivi ambientali: la normativa europea ci impone infatti di premiare il risparmio idrico e di applicare il principio di “chi inquina paga”. Due esigenze non trascurabili considerato che la situazione del sistema idrico in Italia è piuttosto peculiare: da un lato il livello dei consumi nel settore civile è fra i più elevati, pari a circa 44 miliardi di metri cubi anni, l’88% circa della disponibilità complessiva. Dall’altro, il costo medio dell’acqua è fra i più bassi, al di sotto anche di Spagna, Francia, Grecia, Germania, Gran Bretagna, Olanda e Ungheria.

Il sistema tariffario – gli obiettivi e le linee guida

l’Autorità non è competente a stabilire l’eventuale ricorso a strumenti di finanziamento diversi dalle tariffe (quali ad esempio la fiscalità generale): il suo compito è quello di fornire attraverso la regolamentazione tariffaria, i corretti segnali agli operatori per assicurare una gestione e un servizio efficace, permettere lo sviluppo e l’ammodernamento delle infrastrutture, garantire la tutela dei clienti finali, attuali e futuri, nel rispetto della tutela dell’ambiente. Per raggiungere questi obiettivi, anche prendendo a riferimento l’esperienza maturata negli altri settori regolati, l’Autorità ritiene che il nuovo modello tariffario dovrà tener conto di alcuni capisaldi regolatori che incidono sia sulla qualità del servizio che sull’economicità dello stesso. In particolare è necessario che:

- vengano previsti meccanismi che incentivino la tempestiva realizzazione delle infrastrutture;
- il riconoscimento degli investimenti venga previsto ai fini tariffari solo dopo che questi siano stati effettivamente sostenuti ed dopo aver verificato la loro pertinenza e coerenza con quanto contenuto nel Piano d’Ambito;
- le tariffe applicate servano a compensare i costi essenziali per assicurare il servizio, ma solo quelli strettamente necessari, escludendo qualsiasi onere improprio, duplicazione del riconoscimento e, soprattutto, evitando indebiti profitti;
- vengano uniformati i criteri per la definizione dei costi riconosciuti, facendo riferimento a riscontri omogenei e misurabili, sia di natura tecnica che contabile, e definendo precise regole di tenuta della contabilità ai fini regolatori;
- venga ridotta la variabilità della tariffa applicata al cliente finale;
- venga perseguita l’universalità del servizio, salvaguardandone la fruibilità per le categorie di utenti economicamente disagiate.

La regolazione tariffaria sarà basata su periodi regolatori, durante i quali alcuni riferimenti di natura finanziaria e i criteri di aggiornamento dei costi rimarranno costanti. Sostanzialmente, all’inizio di ogni periodo regolatorio saranno verificati i costi sostenuti, i parametri finanziari di riferimento, i risultati conseguiti, quelli auspicabilmente conseguibili nel periodo successivo e, in funzione di tali riscontri, saranno ritarati i meccanismi tariffari da applicare nel periodo successivo.
Per quanto riguarda la qualità del servizio saranno previsti alcuni obiettivi ottimali stabiliti per gli indicatori di natura generale (ad esempio la percentuale minima di verifiche del misuratore o di risposte a richieste di informazioni eseguite entro un tempo prestabilito) o specifica (la durata complessiva di interruzione della fornitura per utente o il tempo massimo di attivazione di una fornitura). A questi obiettivi saranno associati meccanismi premiali o penalizzanti, anche con indennizzo riconosciuto al singolo cliente. Questo nuovo assetto regolatorio, non potrà essere applicato nell’immediato; dovranno essere previste opportune fasi transitorie che raccordino l’attuale assetto con quello futuro, ma l’Autorità ritiene che, fin dai primi atti che verranno adottati, debba essere chiaro l’obiettivo che si intende perseguire e debbano risultare evidenti le finalità alla base delle modifiche che si andranno, mano a mano, adottando.

La tariffa provvisoria

In attesa di terminare la raccolta piuttosto consistente di dati e di finalizzare le analisi necessarie per adottare il modello tariffario che, a regime, dovrà basarsi sui “pilastri” regolatori precedentemente segnalati (la separazione contabile, la qualità del servizio e la regolazione tariffaria), nell’immediato è sorta la necessità di adeguare il metodo tariffario per tenere conto dei risultati del referendum e rispondere alle forti incertezze diffuse tra gli operatori del settore. L’Autorità, con il documento 290/12 ha sottoposto a consultazione una proposta di metodologia tariffaria “ponte” che troverà applicazione fino a tutto il 2013, mentre la metodologia definitiva potrebbe essere definita e completata nel corso del 2013 per entrare in vigore a partire dal 2014.

Giuseppe Altamore

Francesco Rosati
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