16/09/2012
A sinistra Andrea Olivero, a destra Mauro Magatti (foto acli)
Dodici parole per dire l’impegno delle Acli per il bene comune. Le sintetizza, ad Orvieto, all’inizio dell’ultima mattinata del 45° incontro nazionale, convocato per il 14 e il 15 settembre, Roberto Rossini, responsabile nazionale dell’Ufficio studi. Richiamando quanto detto ieri dai relatori e quanto approfondito nei gruppi di studio Rossini parte dall’analisi di Giorgio Santini, segretario aggiunto della Cisl, per dire la prima parola “parentesi”. O meglio “tra parentesi”.
Siamo in una fase di trasformazione profonda, è il messaggio, “e non in una fase da mettere tra parentesi per tornare a essere come prima. Il prima non tornerà. È terminato uno schema, un assetto e occorre costruire su parametri diversi. Combattendo, seconda parola, la “sfiducia” democratica. Se quasi metà degli italiani ritiene inutili i partiti si corre il rischio di un vuoto che può essere colmato da ricette ingannevolmente semplici. “Gli imprenditori della paura”, ha spiegato Gregorio Arena, docente di diritto amministrativo all’università di Trento, “accentuano il tema della sicurezza a scapito della solidarietà e del welfare state”.
E poi ancora si è parlato dei “peccati” del mercato (Luigi Campiglio, docente di politica economica alla Cattolica di Milano), di “sussidiarietà e solidarietà" (ancora il professor Arena), di “generatività” (Luisa Cappelletti, sociologa), di “innovazione” (Francesco Marcaletti, docente di sociologia alla Cattolica di Milano), di “democratici e cristiani” (Paolo Acanfora, docente di storia contemporanea all’università Iulm di Roma), di “Concilio”, di “civicness” e “pensare politicamente” (Francesco Clementi, docente di Diritto pubblico all’università di Perugia), di “(anti) politica”, di “vedere”.
“Ci stiamo preparando a una società migliore”, ha aggiunto Mauro Magatti, preside della facoltà di sociologia della Cattolica di Milano. “Non dobbiamo riparare il vecchio, ma imparare la lezione. Non dobbiamo tamponare cose che non tengono più, ma disegnare un futuro diverso. Avviare processi di innovazione e di trasformazione culturale e istituzionale. Non ‘nuovismi’ campati per aria. Dalle crisi si esce guardando avanti, aprendo l’orizzonte. Una società depressa e invecchiata come la nostra non ha voglia di guardare avanti, è come se non fossimo interessati al prossimo giro, ma il prossimo giro sarà migliore del precedente. Ce ne sono le condizioni”.
Ed è scontato che le Acli ci saranno, a dare una mano, perché il meglio si affermi.
Annachiara Valle