24/05/2010
«Metteva il bene nella testa di tutti». Citando la frase di un testimone al processo di canonizzazione, l’arcivescovo Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, ha così sintetizzato la figura di Teresa Manganiello, beatificata sabato 22 nella basilica della Madonna delle Grazie a Benevento.
Nata nel 1849, undicesima di dodici figli, crebbe in una famiglia di contadini a Montefusco (Avellino) e nell’adolescenza fu fortemente attratta dall’ideale francescano, tanto da consacrarsi a 21 anni come terziaria, prendendo il nome di sorella Maria Luisa. Continuò a vivere in casa dei genitori e a lavorare per loro, ma con uno stile monacale che univa preghiera e mortificazioni corporali.
Con tutti conservava però l’amabile sorriso che la caratterizzava.
Con alcune consorelle, sotto la direzione spirituale di padre Ludovico Acernese, progettò la costituzione della congregazione delle suore Terziarie Francescane. Papa Pio IX, nel 1873, la benedisse e la incoraggiò ad andare avanti, ma la sua malferma salute impedì la realizzazione di questa aspirazione. Una grave artrite la costrinse definitivamente a letto nell’estate del 1876 e la morte la colse il 4 novembre successivo, a soli 27 anni d’età.
Cinque anni più tardi, padre Acernese fondò la Congregazione delle suore Francescane Immacolatine, della quale viene considerata «pietra angolare» e «madre spirituale».
Concludendo l’omelia della concelebrazione, l’arcivescovo Amato ha sottolineato con forza che «nel pessimismo culturale odierno, Teresa, con la sua semplicità, sembra dire che la Terra ospita anche persone buone, generose e oneste la cui rettitudine non è sporcata dal fango della trasgressione e del peccato».
Saverio Gaeta