Lefebvriani: chi cede per primo?

Dopo il duro braccio di ferro con i tradizionalisti, il Vaticano riapre al dialogo. Si delinea un "processo positivo di graduale reintegrazione".

27/10/2012
Richard Williamson (Ansa), espulso dalla fraternità sacerdotale San Pio X. In copertina: iI vescovo Bernard Fellay, leader della stessa fraternità (Reuters).
Richard Williamson (Ansa), espulso dalla fraternità sacerdotale San Pio X. In copertina: iI vescovo Bernard Fellay, leader della stessa fraternità (Reuters).

Si riaprono i giochi per il rientro dei lefebvriani nella Chiesa cattolica. Dopo le parole del prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, Gerhard Mueller, che agli inizi di ottobre aveva escluso, in un un'intervista alla radio tedesca Norddeutscher Rundfunk, nuovi colloqui, la Pontificia commissione Ecclesia dei, con un comunicato ufficiale diramato oggi parla invece di «processo positivo di graduale reintegrazione».

Dopo trent’anni di separazione, recita il comunicato, «è comprensibile che vi sia bisogno di tempo per assorbire il significato di questi recenti sviluppi».

Ecclesia dei sintetizza il percorso fatto ricordando gli otto colloqui in tre anni volti a discutere «alcuni punti controversi sull’interpretazione di certi documenti del Concilio Vaticano II», il motu proprio Summorum Pontificum, con il quale Benedetto XVI ha esteso l’uso del rito romano, e l’abolizione, nel 2009, delle scomuniche.

Il dialogo si era poi arenato lo scorso giugno quando alla Fraternità era stato presentata una dichiarazione dottrinale sulla quale concordare come requisito per il rientro nella Chiesa cattolica. La risposta dei lefebvriani, che per rientrare avrebbero dovuto accettare il Concilio Vaticano II, non è però mai arrivata.

Ma se monsignor Mueller dichiarando che i lefebvriani «non sono una parte in una trattativa perché sulla fede non ci sono trattative né compromessi», riteneva che non ci potessero essere con la Fraternità margini per nuove discussioni, Ecclesia dei insiste invece sul bisogno della Pio X di «ulteriore tempo di studio e riflessione».

«Mentre il nostro Santo Padre Benedetto XVI cerca di promuovere e preservare l’unità della Chiesa mediante la realizzazione della riconciliazione a lungo attesa della Fraternità sacerdotale di S. Pio X con la Sede di Pietro», dichiara la Commissione, «sono necessarie pazienza, serenità, perseveranza e fiducia».

All’apertura del Vaticano non sembra però corrispondere un atteggiamento più “morbido” dei lefebvriani. Dopo l’espulsione dalla fraternità del controverso vescovo Richard Williamson, noto in particolare per le sue tesi negazioniste sull’olocausto e per essere uno dei più intransigenti contro il Vaticano II, la San Pio X si è subito affrettata a ribadire che l’espulsione «è stata giustificata da motivi puramente disciplinari, che duravano da più anni. Voler collegare questo triste avvenimento a una volontà di cedimento dottrinale nei confronti della "chiesa conciliare" è puramente arbitrario, calunnioso ed ingiustificabile alla luce della dichiarazione dell’ultimo Capitolo Generale e dei recenti avvenimenti, come anche il futuro dimostrerà in maniera inequivocabile».

Insomma, dopo le celebrazioni per i 50 anni dall'apertura del Vaticano II, sarebbe proprio una beffa se fosse proprio la Chiesa conciliare a cedere di fronte all'intransigenza che i tradizionalisti continuano a dimostrare.

Annachiara Valle
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Postato da Andrea Zilio il 28/10/2012 16:51

Chi cede per primo? Credo nessuno. Non si è mai visto. Rientri indivuali, conversioni individuali sì. Ma confraternite o "chiese" di ritorno non ne ricordo. E più tempo passa più difficile sarà. Su tutto gli uomini trovano un accordo, alla fine. Ma le "religioni" non cedono. Spero di sbagliarmi.

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