Niente Meeting per il Papa

Smentita la presenza del Papa all'annuale meeting di Comunione e liberazione, previsto sul finire di agosto a Rimini. Intanto proseguono gli interrogatori del maggiordomo.

06/06/2012
Paolo Gabriele l'ex maggiordomo del Papa, a destra di Benedetto XVI. Tutte le foto di questo servizio sono dell'agenzia Ansa.
Paolo Gabriele l'ex maggiordomo del Papa, a destra di Benedetto XVI. Tutte le foto di questo servizio sono dell'agenzia Ansa.

Secondo giorno di interrogatorio stamane per Paolo Gabriele, imputato di furto aggravato ai danni di Benedetto XVI. Nessuna notizia ufficiale sul tipo di collaborazione che comunque i legali del maggiordomo del Papa avevano assicurato sin dai primi giorni dell’arresto. 

«Gli interrogatori sono coperti da quello che in Italia sarebbe chiamato segreto istruttorio», ha precisato padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana. «Ormai ho la funzione di smentitore», ha poi detto conversando con i giornalisti e spiegando che «è pura elucubrazione l’informazione che Paolo Gabriele lascerà presto la Città del Vaticano». Padre Lombardi ha detto che è invece «vero che le indagini stanno proseguendo e, anche se per adesso l’unico imputato è Paolo Gabriele, la Gendarmeria vaticana sta continuando a indagare per capire se ci siano altre responsabilità».

In merito poi alle lettere “sbianchettate” cui faceva riferimento domenica il quotidiano Repubblica ha sottolineato di «concordare con la linea di Radio Vaticana, edizione tedesca» che ha chiaramente parlato di ricatto. «La parola non è stata ufficializzata, ma la minaccia di pubblicare documenti riservati se non ci saranno le dimissioni attese non è un consiglio dolce, bensì una grave minaccia, la parola ricatto è comprensibile».

Il portavoce vaticano ha poi dichiarato, sempre in merito alle notizie riportate dalla stampa che «il Papa non ha in agenda la visita al meeting di Comunione e liberazione il prossimo agosto».

Padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana.
Padre Federico Lombardi, direttore della Sala stampa vaticana.

Tra le smentite più vigorose anche quella sulla presunta mancata ratifica della sfiducia all’ex presidente dello Ior Gotti Tedeschi dovuta a contrasti interni tra i cardinali. «Non c’è nessuna divisione tra il cardinale Nicora e il cardinale Bertone, i due si parlano tranquillamente», ha dichiarato padre Lombardi ribadendo che «sabato scorso è stata inviata a Gotti Tedeschi una lettera sottoscritta dal presidente del comitato di vigilanza dello Ior nella quale gli è stata comunicata la fine del suo servizio alla guida dell’istituto. A me non consta che esista un tipo di formalizzazione della procedura di sfiducia diverso da questo».

Nessuna relazione, secondo padre Lombardi neppure tra «l’implicazione di Gotti Tedeschi nell’inchiesta Finmeccanica e la sfiducia datagli dal board dell’istituto». Inoltre Gotti Tedeschi, la cui casa è stata perquisita ieri su disposizione della procura di Napoli proprio in merito all’indagine Finmeccanica, «non gode di alcuna immunità specifica dovuta al suo passato incarico vaticano. È cittadino italiano, sottoposto alle leggi italiane e, attualmente, senza alcun incarico in Vaticano».

Annachiara Valle
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Postato da branda il 11/06/2012 16:04

Il tuo "problema", se posso, è perlappunto che continui a CREDERE, anche di fronte ai fatti e alla Storia. Non sarebbe la prima volta, sai?

Postato da brunoi il 07/06/2012 16:25

Branda,tutto posso credere ma che le gerarchie ecclesiastiche abbiano definito "un modo cristiano di morire" gettando i desaparecidos da un aereo in volo mi sembra inverosimile e ridicolo. Sempre di uccisione si tratterebbe.

Postato da branda il 07/06/2012 10:49

La Chiesa cattolica argentina ha confermato dinanzi alle autorità giudiziarie l’incontro segreto del 1978 delle gerarchie cattoliche al più alto livello con il dittatore Jorge Videla nel corso del quale si parlò dell’assassinio dei detenuti-desaparecidos. Documento redatto nel luogo dell’incontro e consegnato dallo stesso Videla alla Chiesa e che riguarda i crimini più gravi commessi nella storia dell’Argentina e tra le cui vittime figuravano due vescovi e una ventina di sacerdoti. E divulgato da cattolici indignati per la complicità con una dittatura sanguinosa. Si tratta di una bozza scritta per informare la Santa Sede e prova che, almeno a partire dal 1978, la Chiesa sapeva che la dittatura militare uccideva i detenuti-desaparecidos e invece di denunciare la dittatura discuteva con il suo capo supremo in che modo manipolare le informazioni per arrecare il minor danno possibile alla giunta militare e all’Episcopato che riceveva richieste di aiuto dalle vittime. Una volta che il documento è stato reso pubblico, la magistratura ha chiesto all’Episcopato di consegnarlo e l’Episcopato non ha potuto negare la sua esistenza. In occasione di un’udienza in tribunale, Videla ha detto che i detenuti-desaparecidos erano stati “condannati” e “giustiziati” e che questo metodo gli era sembrato più comodo perché “non aveva le conseguenze di una pubblica fucilazione” che “la società non avrebbe tollerato”. Altri ufficiali avevano già detto che si era ricorsi al metodo dell’eliminazione clandestina perché il Papa non avrebbe accettato le fucilazioni. Videla ha spiegato che non venivano pubblicati gli elenchi dei detenuti-desaparecidos perché contenevano errori e inesattezze e perché non c’era accordo tra le Forze Armate. Però durante il pranzo del 10 aprile 1978 con il presidente e i due vicepresidenti dell’Episcopato, in un clima che il cardinale Juan Aramburu definì cordiale, Videla disse che “sarebbe del tutto ovvio affermare” che i desaparecidos “sono morti: si tratterebbe di varcare una linea di demarcazione e costoro sono scomparsi e pertanto non esistono. Comunque è chiaro che ciò solleva una serie di interrogativi in ordine a dove sono stati sepolti: in una fossa comune? E in tal caso chi li avrebbe sepolti in questa fossa?”. Aggiunse che il governo non poteva rispondere “per le conseguenze riguardanti alcune persone”, vale a dire i sequestratori e gli assassini. Tuttavia nel 1982 il cardinale Aramburu continuava a negare i fatti: in un reportage a cura de Il Messaggero disse che non esistevano fosse comuni e che coloro che “venivano chiamati desaparecidos” vivevano tranquillamente in Europa. Malgrado l’enorme importanza di questo tardivo riconoscimento, nessuna autorità ecclesiastica ha mai fatto il minimo riferimento alla questione. Come se l’enormità del fatto avesse avuto l’effetto di ammutolire tutti, i quotidiani Clarin, La Nacion e Perfil hanno finto di non capire che la pubblicazione del documento era fondamentale per stabilire il grado di complicità della Chiesa cattolica con la dittatura militare e la sua politica criminale. Come mi ha raccontato il capitano della Marina Adolfo Scilingo, la pratica di giustiziare i detenuti-desaparecidos gettandoli da un aereo in volo fu approvato dalla gerarchia ecclesiastica che riteneva questo un modo cristiano di morire. La frase fa venire in mente quanto scrisse Heinrich Himmler per spiegare la costruzione delle camere a gas nei lager allo scopo di realizzare la “soluzionefinaledellaquestioneebraica”: era una forma “più umana”. Dimenticò di aggiungere: “Per i carnefici”. Buona giornata, se potete.

Postato da luciocroce il 06/06/2012 20:07

Meno male!

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