29/09/2010
Umberto Bossi.
Grande spolvero di citazioni in questi giorni dopo la boutade bossiana, certo non degna di un maestro di bon ton. Un’offesa spiccia gratuita e brutale alla capitale d’Italia e ai cittadini romani. Un’offesa ottenuta corrompendo una fase ben nota che è rimasta nell’orecchio di generazioni di italiani che si sono divertite leggendo il fumetto di Asterix. Correva l’anno 1959, quando un bizzarro gigante con allegri bragoni a strisce azzurre, pronunciava la fatidica frase: «Ils sont fous ces romains!» accompagnandolo con l’esplicativo gesto di un dito picchiettato con insistenza contro una tempia.
Un’espressione che ha fatto il giro del mondo: volete dirlo in indonesiano? Ecco allora: «Orang-orang romawi memang gila». In italiano è il semplice «i romani sono pazzi» è stato reso in «Sono Pazzi Questi Romani» grazie al genio del traduttore, l’umorista di razza Marcello Marchesi che ha coniugato l’espressione con l’acronimo SPQR (Senatus Populusque Romanus). Il personaggio responsabile della frase, era un gigante buono che risponde al nome d’Obelix, fidatissimo compagno di un piccoletto dai biondi mustacchi e con un buffo elmetto munito di alette: Asterix, il gallico.
La coppia non ha bisogno di presentazioni, è nota ovunque. Asterix e Obelix sono tra i personaggi a fumetti più amati del pianeta. Vantano un numero impressionante di traduzioni, in varie lingue e dialetti (dal latino all’islandese passando per il cinese) e i volumi delle loro avventure vendono milioni di copie. Un vero fenomeno planetario. Da cinquant’anni le loro avventure non smettono di affascinare, anche se uno dei suoi creatori è scomparso nel 1977. L’umorismo travolgente di Asterix e compagni nasce dal genio di una coppia di autori particolarmente prolifica: Renè Goscinny e Albert Uderzo, un duo dalla vis comica irresistibile. E a renderli godibili per il pubblico italiano la splendida traduzione di Marcello Marchesi, sceneggiatore, regista, traduttore, scrittore, autore televisivo e paroliere. Son suoi alcuni degli slogan che hanno reso gloriosa la pubblicità nell’era di Carosello: “Non è vero che tutto fa brodo” oppure “Il brandy che crea un'atmosfera” e ancora “ Falqui: basta la parola!" e tanti altri cui aggiungere anche il geniale “Anche le formiche, nel loro piccolo, s’incazzano” adottato come titolo per la raccolta di battute e aforismi di Gino e Michele.
Di Asterix e compagni, spesso preso a esempio di ribellione verso la fantomatica Roma dalle truppe leghiste, si possono dire molte cose ma è bene raccontare soprattutto l’ironia e il buon gusto che passano attraverso giochi verbali e situazioni dove il gioco temporale dell’anticipazione mostra il lato spassoso delle cose. Tutti i nomi dei Galli, ad esempio, finiscono in «ix»; è una sorta di marchio di fabbrica, anche quando è necessario fare a pugni con l’ortografia francese e giocare di nascosto con le parole. Ecco allora il bardo Assurancetourix (che è una storpiatura di «assurance tous risques», una sorta di assicurazione globale…); ecco il capo del villaggio Abraracourcix, ecco Ideafix, il minuscolo e simpatico cane di Obelix e via di ix in ix. Per i romani i nomi naturalmente finiscono in «us» e si sprecano i Caius, Julius e Minus. Il gioco, tra il linguistico e il creativo, non si ferma ed ecco le finali in «is» per gli egiziani, con improbabili Stocafis e Numerobis. Insomma divertimento e buon gusto, non esattamente le storpiature volgari sentite in questi giorni e fatte derivare, impropriamente, da questo fumetto di classe.
Stefano Gorla