05/10/2010
Alberto Mazzonetto, capogruppo in Consiglio comunale a Venezia per la Liga Veneta Lega Nord Padania.
Tutto si può dire della Lega, ma non che i suoi esponenti manchino di inventiva. Dalla libertà per la Padania alla difesa delle tradizioni locali, dalle cose serie alle scemenzuole, è tutto un fiorire di polemiche che hanno il doppio pregio di galvanizzare la base e offrire ghiotti spunti ai giornali. L’ultimo a meritare titoli su mezza pagina è un consigliere comunale, di nome Alberto Mazzonetto, arrabbiato perché i gondolieri non cantano canzoni veneziane ma offrono ai turisti motivi esotici come “O sole mio” o “Torna a Surriento”. Indice di incultura e scarso rispetto del territorio, dice Mazzonetto. Venezia non è Disneyland, urgono provvedimenti.
Cosa sia oggi Venezia, se museo a cielo aperto o meta del turismo mordi e fuggi, non saprei. Da veneziano, però, qualcosa so di quelle canzoni che hanno più mortificato che allietato i miei anni giovanili. La famosa “Biondina in gondoleta” è solo una nenia zuccherosa. “Ninetta monta in gondola” e “Venezia, la luna e tu”, lasciamo perdere. Nel ‘700 si riunivano a fare musica nomi quali Vivaldi, Albinoni, Benedetto e Alessandro Marcello. Come dire, appena un gradino più sotto, Bach, Haydn, Haendel e Mozart. E
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Goldoni, che esordì come paroliere operistico, si permetteva di definire Vivaldi “ottimo violinista ma mediocre compositore”...
Ma non solo sono cambiati i tempi. Il refrain lagunare si presta al falsetto, mentre i turisti che pagano la gondola, centinaia di euro a botta, vogliono il do di petto. Come per il sole mio, che sta in fronte a te. Sai quanto poco importa ai giapponesi se la melodia viene dal Vesuvio e non dalla laguna. Sempre Italia è, a loro basta. Come basterebbe al turista italiano un country dell’Arizona, ignorando che magari è nato nel Sud Dakota.
Insomma la canzone napoletana è fantasiosa e potente, e dovunque simboleggia l’Italia, mentre la canzone veneziana è flebile e malamente svincolata dalla tradizione. Che a Venezia non è fatta, come molti pensano, di trine e svenevolezze. Conquiste marinare a parte, Giacomo Casanova era un omaccione da un metro e novanta, scuro di pelle, lesto di mano e di bastone.
Giorgio Vecchiato