L'immaginazione? Energia etica

La filosofa Laura Boella la riabilita come un fondamentale organo morale. Con essa riusciamo ad esempio a perdonare. Come spiegherà ai Dialoghi sull'uomo di Pistoia.

19/06/2012
La filosofa Laura Boella.
La filosofa Laura Boella.

L'ALFABETO DELL'ETICA
1. Immaginazione
L'intervista a Laura Boella sull'immaginazione come facoltà morale inaugura la serie "L'alfabeto dell'etica", un'indagine sulle parole e i concetti da riscoprire per orientarsi di fronte alle sfide del nostro tempo. La prossima puntata sarà dedicata alla collaborazione con un'intervista a Richard Sennett.


«L'immaginazione porta infatti a contatto con l'alterità,
a fare esperienza di "ciò che è opposto", nella forma non dello scontro,
 bensì dell'essere toccati, chiamati dall'altro (...)
 L'immaginazione è quindi una facoltà centrale per l'etica».
(Laura Boella, Il coraggio dell'etica)


È bello percepire la passione per un'etica capace di dare senso e profondità all'agire
umano nell'ultimo saggio di Laura Boella, Il coraggio dell'etica, pubblicato da Raffaello Cortina. Esperta del pensiero femminile del '900, autrice di importanti saggi sull'empatia e il rapporto fra etica e neuroscienze, Laura Boella insegna Filosofia morale all'Università statale di Milano. «È frutto di dieci anni di lavoro, non certo un istant book», afferma, alludendo al suo ultimo saggio. In questa ricerca ha toccato anche il tema del perdono, di cui parlerà, in un dibattito con Gherardo Colombo, ai Dialoghi sull'uomo di Pistoia (vedi pagina successiva).

E ancor più appassionante è lasciarsi guidare dalla sua ricerca su una materia che, a dispetto di un pregiudizio diffuso, si innerva della nostra vita reale. «La neuroetica ha rilanciato l'urgenza dell'etica in sé, sulla base di sfide e provocazioni derivanti dalla conoscenza di funzionamenti organici», spiega. «Ho sempre avvertito la necessità di una filosofia concreta, vicina alla vita, aperta alla confusione dei sentimenti, degli errori, delle scelte. In una parola, alla fragilità umana. Altra cosa è la naturalizzione dell'etica, secondo la quale la capacità morale va intesa come una sequenza di funzionamenti organici, perlopiù identici per tutti, con la conseguenza di annullare la singolarità dell'uomo. L'esperienza dell'etica ha un quid non riducibile all'organico. L'empatia, ad esempio, se priva del riconoscimento del valore dell'altro, si riduce all'istinto di un attimo».

E parlando di neuroscienze è la questione della libertà a diventare centrale: «Nessuno scienziato potrà mai dire in modo definitivo che la libertà è illusione. D'altra parte, prima ancora del problema "Siamo liberi?", è decisivo valutare la qualità della libertà e della responsabilità: sono questi gli elementi che ci rendeno umani. E la libertà è ben diversa dal mito dell'agire scevro da ogni condizionamento esterno: compreso che il controllo totale sulle nostre azioni è impossibile, dovremmo concentrarci sui loro effetti. Qui si apre il terreno, in buona parte ancora inesplorato, dell'attenzione per ciò che il nostro agire fa accadere. Come ci ha insegnato Levinas, nel mettermi in relazione con l'altro mi incarico di "motivare" le mie scelte. Allora, nell'abisso della libertà, anche l'errore diventa occasione per ri-tentare una risposta diversa alla chiamata dell'altro. Possiamo tornare a mettere in gioco la nostra libertà con modalità nuove. Così si mette in conto alla nostra responsabilità anche ciò che non controlliamo, proprio in virtù dell'originaria relazione con l'altro. La moderna frenesia del free will (volontà libera) è legata all'idea di un uomo solo al mondo».

Il perdono è uno dei temi analizzati da Laura Boella nel suo libro e al centro del dialogo a Pistoia con Gherardo Colombo.
Il perdono è uno dei temi analizzati da Laura Boella nel suo libro e al centro del dialogo a Pistoia con Gherardo Colombo.

Sin qui la conversazione con la professoressa, nello studio dell'Università statale di Milano che regala uno splendido scorcio sul chiostro, è servita da prologo alla trattazione dell'intensa ricerca sviluppata in Il coraggio dell'etica. Dove troviamo la pregnante espressione "etica a cielo aperto", a indicare le difficoltà, ma anche le opportunità nelle quali la filosofia morale cammina oggi. «È tratta dall'Apocalisse. Non segnala soltanto lo smarrimento dei punti di riferimento, ma anche l'apertura di una relazione fluida fra terra e cielo, finito e infinito. Il valore primaro dell'etica si compie e manifesta - è la lezione di Hannah Arendt e Hans Jonas, fra gli altri - come discontinuità rispetto alla dimensione puramente immanente, materiale. Anche nella mostra più prosaica quotidianità si apre uno squarcio verso il cielo, "ne va" di qualcosa di ulteriore. Un esempio? Nel mio insegnare ai ragazzi non sono in gioco solo i principi interni dell'insegnamento - quali la bravura, l'esattezza, ecc. -, ma qualcosa di più, in quanto "ne va" delle verità. E che non si tratti mai di una verità non definitiva nulla toglie allo scarto che la tensione ad essa impone. Oppure la questione dell'"uscire dalla fila, il non seguire il binario preindicato, il saper dire no... Sono tutti gesti che dischiudono nella quotidianità lo spazio per qualcosa d'altro, gesti di autonomia non come affermazione di un primato, bensì come assunzione di responsabilità per ciò che si ama. E troppo spesso i nostri sì e i nostri no sono troppo esili».

Altrettanto efficace nel saggio di Laura Boella è l'espressione "etica senza". «Il libro è nato dall'insofferenza per lo svuotamento dell'etica, per il minimalismo etico», spiega. «Ho piena coscienza della crisi etica del '900, della forza di confutazione di eventi come la Shoah, ma proprio in questo terreno disastrato, in questo "senza " si apre lo spazio per accogliere ciò che Simone Weil chiamava il Bene, "ciò senza cui non si può stare". Stare senza equivale ad assumere su di sé la crisi e rilanciare la questione morale».

L'etica si configura come atto di rottura rispetto agli automatismi dei nostri comportamenti.
L'etica si configura come atto di rottura rispetto agli automatismi dei nostri comportamenti.

E così veniamo a uno dei contributi più originali della ricerca della Boella, vale a dire l'idea dell'immaginazione come organo morale.«Non va ridotta a fantasticheria, a invenzione letteraria. Per coglierne la fondamentale funzione, basti pensare all'empatia: come sarebbe possibile spostarsi dal luogo in cui siamo al luogo in cui sta l'altro, senza immaginazione? Come potremmo capire chi è diverso da noi? L'immaginazione è il vero organo dell'alterità. Grazie ad essa osserviamo nel dettaglio il reale, lo tocchiamo, e ci sporgiamo fuori, apriamo una finestra, formuliamo ipotesi, vediamo il poter essere oltre l'essere già esistente».

Per questa via approdiamo anche al perdono, il tema di cui parlerà, in un dialogo con Gherardo Colombo, a Pistoia. «Il perdono stesso è uno sforzo di immaginazione per pensare un futuro diverso per chi ha sbagliato, resituendogli la sua libertà, liberandolo dalla colpa e dal passato. È sempre un altro colui che perdona, e lo fa immaginando che una persona possa avere una storia e un finale diversi da quelli già tracciati. Per questo l'immaginazione è energia etica». L'immaginazione riguarda il futuro - che viene ri-donato a chi ha sbagliato -, ma anche il passato. «Chi si prende cura di un malato serba il ricordo di chi è stato, di chi era, restituendogli dignità. Così l'assistenza diventa cura dell'anima. E con gli studenti o i figli si scommette sul futuro, si immagina la loro evoluzione, accordando fiducia. Si anticipa il non-ancora. L'immaginazione è una capacità della mente».

Del perdono, la tradizione filosofica non si è occupata granché, delegandola alla religione. «Eppure è un fatto morale totale, che coinvolge sentimento, pensiero e volontà. È un atto che mette in gioco cuore e mente nella loro interezza. E ha un rilievo non solo intersoggettivo, ma anche sociale, poiché ricuce le lacerazioni inferte alla vita comunitaria dalla trasgressione delle norme. La questione centrale è: come reagire al male? Con altro male? O spostandoci sul piano del Bene? Il perdono introduce una rottura, una discontinuità e ripara le relazioni. L'etica stessa consiste in questa rottura degli automatismi. Con il rancore, la vendetta non facciamo altro che assecondare il male in una spirale infinita. Chi esce dalla fila, chi perdona arresta l'automatismo di processi spontanei». Immagina il bene.

Paolo Perazzolo
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Postato da Andrea Annibale il 19/06/2012 16:52

E’ una bella tesi quella dell’immaginazione come “motore etico del cervello”. L’immaginazione viaggia su un treno magico chiamato Desiderio? Desideriamo infatti un passato, un presente e, soprattutto, un futuro migliore per noi stessi. E come cristiani possiamo ben capire che sforzandoci di perdonare possiamo costruire un futuro migliore per noi stessi e anche per gli altri. Ma c’è una complicazione: Dio userà la stessa immaginazione con noi per farci strumento del Suo amore? Il mondo è pieno di tragedie, tra cui quella di centinaia di milioni di persone che non hanno da mangiare. Il sonno della ragione genera forse mostri? Dio si è addormentato e non si è più svegliato, ha perso la capacità di usare la Sua ragione? Ci vuole un principe azzurro che svegli la bella addormentata che è in noi ed una zucca che diventi carrozza e ci porti alla Corte dei Re dei Re. L’immaginazione è una forza potente che può generare l’etica ma quale tipo di etica dipende dalla cultura con cui nasciamo e in cui cresciamo. Ecco perché credo nell’etica comparata. Un’etica che si incultura geograficamente e storicamente. Facebook: AAnnibaleChiodi; Twitter: @AAnnibale.

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