02/09/2010
Stefano Bollani, 37 anni, è uno dei più popolari pianisti jazz italiani. Di recente ha fatto una tournée con Chick Corea.
Risponde al telefono, dalla Versilia, in
uno dei suoi fugaci momenti di pausa
tra un concerto e l’altro, con la tradizionale
carica di simpatia che lo caratterizza.
In sottofondo, le note di un pianoforte.
«È mia figlia Frida, che ha 5 anni. È un
anno avanti a me: io ho cominciato con il pianoforte
a 6. Il mio primogenito Leone, invece,
ha 11 anni e un passato da batterista, ma
ha smesso da tanto tempo».
Stefano Bollani, pianista e compositore, è
uno dei più grandi talenti italiani del jazz, popolarissimo
in tutto il mondo. In Italia, molti
lo hanno conosciuto, oltre che per la sua
musica, grazie alle sue “incursioni” radiofoniche
e televisive, in particolare al fianco di
Renzo Arbore in Meno siamo meglio stiamo
nel 2005. A settembre Bollani esce con il nuovo
progetto discografico Rhapsody in blue:
una rilettura del repertorio di George Gershwin al fianco dell’Orchestra Gewandhaus di
Lipsia, una delle più antiche al mondo, diretta
dal maestro Riccardo Chailly.
– Stefano Bollani, come nasce la collaborazione
fra te e il maestro Chailly?
«L’idea è partita da lui: mi conosceva solo
di nome, è venuto ad ascoltarmi in concerto
e ha deciso di puntare su di me, sulla possibilità
di mettere insieme, sullo stesso palco, un
pianista jazz come me, diplomato al Conservatorio
ma che non ha mai fatto davvero musica
classica, con l’Orchestra di Lipsia, la più
antica d’Europa. Nel mondo della musica
classica tedesca nessuno mi conosce e Chailly
mi ha molto difeso. Abbiamo suonato bene
e continueremo a collaborare: abbiamo
già in mente un altro disco».
– Com’è il rapporto fra te e Chailly?
«Io ho dei pregiudizi nei confronti dei musicisti
classici: li ho sempre pensati bacchettoni,
chiusi, formali; li immagino con giacca e
farfallino anche quando vanno a letto, penso
che non sappiano chi fossero i Beatles e
Charlie Parker. Riccardo, invece, non è assolutamente
così. Ho scoperto che ha un passato
da batterista e suonava la batteria nelle orchestre.
Musicalmente ha molto il senso del
ritmo, del tempo, e ha ascoltato e suonato anche
altro oltre alla classica. In poche parole,
è uno che non ha la puzza sotto il naso. Credo
sia la stessa cosa per lui nei miei confronti:
ai suoi occhi non sono poi così scapestrato
come sembro».
– Hai un grande merito: aver reso il jazz molto
più popolare, portandolo anche in Tv. Oggi
sei molto noto al grande pubblico.
«Credo di aver portato tanta gente ad ascoltare
i miei concerti. Ma non sono sicuro che
chi viene a sentire me vada poi ai concerti di
altri musicisti. Quella è una responsabilità
che non posso arrogarmi. Se l’educazione
musicale in Italia non esiste, da solo non riesco
a fare molto. Chi viene a sentire me, non
penso che il giorno dopo vada a comprare
un Cd di Miles Davis. Una cosa che farei volentieri
è parlare di jazz in un programma
Tv, scherzandoci anche, per aiutare a capire
che è un genere musicale divertente e vivo».
– Sei sempre in giro per il mondo. Un Paese
al quale sei particolarmente legato?
«Sicuramente il Brasile, con il quale ho un
rapporto di collaborazione musicale; e poi
l’Argentina, dove vado sempre volentieri: un
Paese pieno di cultura, con una letteratura
ricchissima, il tango...».
– Dove vivi quando non sei in tournée?
«Me lo domando spesso... Mi divido tra
una casa a Firenze e una in Versilia, ma non
so quale sia la principale, sono sempre in giro.
Ma va benissimo, se non viaggiassi per lavoro
sarei un gran viaggiatore per svago, mi
piace parlare le lingue, ogni volta che vado
in un posto sogno di rimanere a viverci».
– I tuoi interessi fuori dalla musica?
«Non mi piace lo sport. I miei interessi sono
culturali: il cinema, i fumetti, la lettura».
– Cosa stai leggendo al momento?
«Hanno tutti ragione di Paolo Sorrentino,
bellissimo, lo consiglierei a tutti».
Giulia Cerqueti