16/03/2012
È un Mirò nel pieno della maturità, che dipinge coinvolgendo tutto il corpo, persino i capelli sporchi di pittura. Che sperimenta la monocromia del nero, affascinato dalle lettere dalla scrittura giapponese e orientale. Che produce più opere insieme passando da un’ispirazione all’altra, dalla pittura alla scultura, alla ceramica.
La mostra Mirò poesia e luce, che si apre domani a Roma, nella splendida cornice del chiostro del Bramante, attinge alla produzione degli anni di Palma Di Maiorca, l’isola nella quale l’artista si era trasferito stabilmente nel 1954. Un legame solido che traeva forza dalle origini materne, dal suo matrimonio, nel 1929, con una ragazza del posto, dalle frequentazioni che aveva avuto fin da bambino.
Un’attrazione magnetica per la luce mediterranea, per le forme che aveva imparato a disegnare appena tredicenne, per una terra che "è qualcosa di più forte di me", come scriveva lui stesso.
La mostra, che resterà aperta fino al 10 giugno, si apre con una doppia opera: un paesaggio del 1908 sul retro del quale, nel 1960 Mirò dipinge di nuovo con una espansione di colori che dicono della sua attrazione per la pittura muraria. E poi le grandi tele, le fotografie del suo studio, alcuni degli oggetti e dei mobili che l’arredavano, i disegni, i bozzetti per le opere pubbliche dicono della grande creatività di un’artista che di sé diceva "più avanzo con l’età più divento ribelle". Chiude l’esposizione, curata da Maria Luisa Lax e organizzata da Artemisia group, 24 Ore Cultura e Dart Chiostro del Bramante, una terracotta che Mirò realizzò nel 1981, quando aveva già 88 anni.
Annachiara Valle