La cultura può salvare l'Italia

È il messaggio che giunge da Florens, la Biennale che vuole valorizzare il nostro patrimonio artistico e ambientale. Prevista l'ostensione di tre crocifissi-capolavoro.

Verdon: quattro croci per unire passato e futuro

31/10/2012
L'ostensione dei tre crocifissi di Michelangelo, Brunelleschi e Donatello al Battistero.
L'ostensione dei tre crocifissi di Michelangelo, Brunelleschi e Donatello al Battistero.

Alla vigilia della seconda edizione di Florens 2012, la Biennale internazionale dei Beni culturali e ambientali che si tiene a Firenze dal 3 all’11 novembre, abbiamo chiesto a monsignor Timothy Verdon, membro del comitato Scientifico e direttore del Museo dell’Opera di Santa Maria del Fiore di portarci nel cuore del significato di questo incontro.

Monsignor Verdon, la vocazione dell’Italia alla bellezza nella cura del paesaggio, nella produzione artistica, nell’artigianato e nella buona tavola trova in Florens 2012 un punto di sintesi e di rilancio. Cosa significa Firenze per l’Italia?
«Firenze, che fu per un breve periodo anche capitale politica del Regno italico, rappresenta il cuore culturale dell’Italia e anche un passaporto verso il mondo. Giotto, Donatello, Botticelli, Leonardo da Vinci, Michelangelo sono tra i più grandi nomi della storia dell’arte occidentale e sono tra le ragioni determinanti di ogni pellegrinaggio verso il Bel Paese. Oggi che gli stessi italiani cercano nuove strade verso un futuro percorribile, grazie a Firenze sanno d’avere alle spalle un grande passato».

Di quali valori culturali il paesaggio rurale toscano e quello cittadino parlano al mondo globalizzato?

«Queste due realtà sempre in continuità tra loro parlano di ordine e fantasia, di inventiva e di un’infinita pazienza, di passione per il nuovo e d’intelligente amore per l’antico. Dalla Val d’Orcia alle Foreste Casentinesi, da Firenze a Lucca, Siena, Arezzo, cattedrali, palazzi pubblici, dimore storiche e casolari rurali parlano di una civiltà “alta” anche nelle sue espressioni più popolari. La bellezza è fattore che unisce arte, urbanistica, coltivazione dei campi, gastronomia».

Ma cos’è la bellezza, in particolare nel pensiero cristiano?
«Per il cristiano, la bellezza è il riflesso del volto di Dio, è l’attrazione di Cristo – di Colui a cui la Chiesa applica le parole di un antico canto sponsale: “Tu sei il più bello tra i figli dell’uomo" (Salmo 45,3). L’arte così come la natura e ogni forma di artigianato, inclusa la buona cucina, sono espressioni di un’attenzione al valore trascendentale intuibile nelle cose materiali. Un quadro, un campo coltivato, un piatto preparato bene: queste sono gioie spirituali da condividere con gli altri e che elevano e favoriscono il senso stesso dell’amicizia e della convivialità».

Nella società post-industrializzata e nella cornice di Firenze, culla del Rinascimento, questo convegno internazionale quale immagine di uomo ci comunica e quali possibilità di unire in un nuovo umanesimo le capacità intellettuali e quelle manuali?
«Florens 2012 rilancia l’immagine e la realtà dell’essere umano sensibile alla bellezza, aperto al passato come all’avvenire, capace di fermarsi a contemplare l’arte così com’è capace di impegnarsi nel lavoro. Un’immagine dinamica, una realtà entusiasmante, una forte dose di luce in un frangente storico immerso nel buio. La bellezza passa attraverso la croce e il grande romanziere russo Dostoevskij, afftontando il tema della “bellezza che salverà il mondo” ci parla di una “bellezza crocifissa”».

A tale proposito cosa ci insegnano i tre grandi crocifissi esposti contemporaneamente nel Battistero di Firenze sotto la cupola mosaicata da Coppo di Marcovaldo, dove al centro delle storie bibliche sta il grande volto di Cristo re dell’universo? La follia della croce come viene interpretata nell’Umanesimo e nel Rinascimento?
«Donatello, Brunelleschi, il giovane Michelangelo ci sfidano, attraverso le loro diversissime letture della figura di Cristo, a tentare anche noi una nostra lettura. I tre celebri crocifissi quattrocenteschi sono visibili poi sotto il colossale mosaico medievale del Battistero raffigurante Cristo risorto, ma con le braccia sempre estese in forma di croce. L’abbinamento del realismo dei crocifissi rinascimentali con l’idealismo ancora bizantino di questo mosaico compendia il mistero di Cristo, la sua Pasqua di sofferenza e di gloria».

Quali sono le tre visioni di fede che ci comunicano i crocifissi di Michelangelo, Brunelleschi e Donatello; in cosa si differenziano e come dialogano tra di loro?

«Donatello ci fa vedere il Figlio di Dio come un uomo comune, nello spirito dell’inno della Lettera di San Paolo ai Filippesi; Brunelleschi ci presenta un Re crocifisso, superiore anche nell’umiliazione; Michelangelo enfatizza il pathos di un uomo giovane – poco più d’un ragazzo – che dona la vita per gli altri. Messi uno accanto all’altro, questi tre crocifissi-capolavoro offrono tre aspetti complementari dell’inesauribile mistero della Persona divina che si è fatta persona pienamente umana per noi».

Come la tecnologia si inserisce nel paniere dell’offerta culturale e artistica di Florens 2012?
«Per l’ostensione dei crocifissi in Battistero, così come per gli altri eventi della settimana di Florens, eccellenti application digitali potenziano il coinvolgimento attivo e intelligente del pubblico, offrendo una straordinaria gamma di approcci e spunti di riflessione».

Nella recessione in cui ci troviamo quali prospettive potrebbe aprire questa biennale per il rilancio della nostra economia italiana?
«Uno degli obiettivi di Florens è quello di offrire un’alternativa credibile al fallimentare turismo di massa e della cultura usa e getta che caratterizza i nostri giorni. Il potenziale economico della ri-presentazione creativa del senso della cultura antica e contemporanea è illimitato. Oggi le persone sono stanche del comune denominatore più basso – cercano nuove forme di eccellenza e sono pronti anche a spendere pur di raggiungerla».

Il rendering dell'opera di Mimmo Paladino per Florens.
Il rendering dell'opera di Mimmo Paladino per Florens.

Perché per la grande istallazione in piazza Santa Croce è stata scelta un’opera di Mimmo Paladino? La sua grande croce inserita nella scenografia della piazza e dell’antica chiesa fuiorentina qual messaggio lancia alla città?
«Due anni fa Paladino ha avuto una parte importante anche nella prima edizione di Florens 2010, ingaggiando un dibattito sull’arte con l’Arcivescovo, il cardinale Giuseppe Betori. Paladino è tra i grandi artisti contemporanei che s’interessano del sacro cristiano e la sua titanica installation cruciforme davanti alla basilica francescana dedicata alla Santa Croce parlerà di continuità e di discontinuità, del nuovo che riplasma l’antico, della capacità in un’era non più cristiana di sollevare le domande fondamentali di cui la croce di Cristo rimane l’emblema».

Stiamo per celebrare il 17mo anniversario dell’editto di Costantino e proprio la visione di Costantino e le storie della Vera Croce appaiono sulle lunette dei portali di Santa Croce. Come la tolleranza religiosa proclamata dal grande imperatore romano nel 313 dopo Cristo è ancora lontana dall’essere praticata come conquista e valore comune di civiltà in tante parti del mondo?
«Costantino apriva un mondo ancora pagano ad accogliere la fede dei cristiani. L’Italia, con il suo glorioso patrimonio di arte cristiana, può aiutare oggi il nuovo paganesimo che caratterizza il nostro tempo a riscoprire il senso e la bellezza del cristianesimo. “Tolleranza” non significa solo sopportazione dell’altro; la tolleranza spesso è il primo passo verso la conversione».

La croce di Mimmo Paladino evoca anche un simbolo universale pre-cristiano: in che modo la sua opera si inserisce nella bi-milennaria storia dell’iconografia del crocifisso?
«La croce è un segno universale d’incontro, il crocifisso è il patibolo storico di Gesù. I grandi sassi di Paladino ci ricordano che gli uomini devono prima incontrarsi – il senso di una città è proprio questo – e poi insieme decidere quale leader seguire. Per i credenti Cristo è un Re-architetto, che con pietre vive costruisce la casa di Dio tra gli uomini. A tutti la grande scultura racconterà e testimonierà come, nello spazio di un piazza cittadina, ognuno può mettere insieme i detriti insieme ai pezzi belli, raggiungendo una sintesi, un forma artistica significativa dominata dalla bellezza».

Alfredo Tradigo
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