L'hotel "Casa de la Juderia" a Siviglia.
A due passi dal barrio Santa Cruz, a Siviglia, appena fuori dal dedalo di viuzze imbiancate a calce punteggiate di gerani, c'é la cattedrale. È lí che durante la settimana di Pasqua, giovani forzuti varcano la soglia maestosa a passo cadenzato, portando sulle spalle giganteschi baldacchini raffiguranti la Vergine e Gesù. È la Semana Santa, uno degli avvenimenti più sentiti di tutta la Spagna. Le confraternite dei penitenti incappucciati sfilano notte e giorno, l'impressionante baldacchino della Madonna della Macarena entra, non senza difficoltà, in cattedrale, verso le quattro del mattino.
Ma perché parlare della cattedrale quando bisognerebbe parlare di alberghi di charme e più precisamente di due deliziosi hotel del barrio Santa Cruz, il Rey de Baeza e la Casa de la Juderia?
Semplice. La buona ragione é che Siviglia é terra di passioni, e nel calderone delle passioni tutto si fonde: la religione, la storia, il folklore, l'identità di un popolo. Questo magma incandescente si fonde e dilaga; nessun angolo della città ne é indenne, ogni quartiere, ogni piazzetta, ogni vicolo e ogni monumento ne é impregnato.
E ogni albergo.
La Casa de la Juderia si sviluppa attorno a uno di quei patios fioriti che sono l'orgoglio del capoluogo andaluso. Il nome arriva dal passato, quando il barrio Santa Cruz si chiamava ancora barrio de la juderìa e qui venne ad abitare la comunità ebraica (judìos) dopo la cacciata dei Mori. Proprio in quel periodo il sultano Boabdil perse le sue belle città in stile mudejar, e si vide soffiare sotto gli occhi la fortezza dell'Alhambra a Granada. Sua madre gli disse allora: "Non piangere come una donna ciò che non hai saputo tenere come un uomo".
L'hotel "Casas del Rey de Baeza" a Siviglia.
Tenera, la mamma. E nella casa della juderìa non passarono soltanto i
judìos. Abbiamo cominciato parlando della cattedrale. Sotto la navata
principale, sono sepolti i resti di Cristoforo Colombo. Il grande
navigatore di origine genovese, durante il primo viaggio nel Nuovo
Continente, ebbe la discutibile trovata di portare con sé dieci indios
Taino, da offire in regalo ai reali spagnoli. In un'epoca in cui la
quantità di melanina nella propria pelle era inversamente proporzionale
alla quantità di diritti da far valere, quel regalo parve un atto
generoso.
Alcuni di quegli indios vennero alloggiati proprio qui, nell'edificio che ora ospita la casa de la Juderìa.
"Effetti colaterali" diremmo oggi, col cinismo di certo lessico
militare. Se la storia degli indios tainos é certamente triste, le
cronache ci informano che qualche decennio più tardi, la stessa casa
venne abitata da un personaggio grazie al quale il mondo si arricchì di
una perla letteraria e di un meraviglioso personaggio, benché
immaginario: Don Quijote. In quella casa infatti soggiornò a lungo il duca di Bejar, mecenate e sostenitore di Cervantes.
la piscina sul tetto dell'hotel "Casas del Rey de Baeza" a Siviglia.
Nel barrio di Santa Cruz, la storia passa come una brezza a volte
tiepida, a volte glaciale, fa tremare i fiori di bouganville e i rami di
glicine, taglia con lame di luce i muri bianchi, si insinua nei portici
della Casa de la Juderia. Ma un ritratto di Siviglia e di questo
quartiere in cui batte il cuore storico della città non sarebbe completo
senza un altro piccolo indirizzo di charme, la Casa del Rey de Baeza. È
il ritratto di un'altra Siviglia, quella popolare, quella che Prospero
Merimée ha immaginato nella storia della sigaraia Carmen.
Perché qui, ai tempi del re Alfonso III, il monarca che salvò dalla
distruzione il barrio e che regalò alla città, con l'Expo Iberico
Americana, l'impressionante Plaza de Espana, c'era un corral de vecinos.
L'edificio disposto attorno a un cortile interno su cui si affacciano
infilate di balconi, era popolato da diverse famiglie e il patio era
il cuore comune di questi piccoli microvillaggi che vennero a crearsi
quando i nobili abbandonarono gli sfarzosi palazzi del centro per
trasferirsi fuori città, e questi vennero popolati da famiglie proletarie che li trasformarono in appartamenti.
Queste vivaci e piccole comunità raccontate da Calderon de la Barca e da
Merimée, erano rette da una casera, una figura a metà fra la portinaia e
l'inflessibile amministratrice, a cui spettava il malcelato piacere di
mettere in strada il mobilio degli inquilini morosi. Oggi la Casa del Rey de Baeza é un romantico hotel in stile andaluso, con una piscina sul tetto - particolarità unica nel quartiere - da cui godere la vista sulla Giralda e sul tappeto di tegole rosse della città di Carmen.
La curiosità
I ristoranti di entrambi gli hotel servono naturalmente un ottimo gazpacho, piatto tradizionale andaluso a base di verdure.
L'origine del nome deriva dall'arabo "caspa" che indicherebbe i pezzi, i
frammenti di vegetali e pane contenuti in questa zuppa fredda. Un
antico sinonimo del gazpacho era "capon de galera" e indicava la
minestra data agli schiavi che remavano sulle galere. È la stessa
etimologia della nostra italianissima "caponata".
Pubblicato il 13 agosto 2011 - Commenti (0)