Lavoro, troppi vincoli per competere

Parla Alessandra Servidori, la superconsulente del ministro del Welfare Sacconi: "Stiamo portando avanti le riforme iniziate da Marco Biagi".

01/04/2011
la professoressa Alessandra Servidori
la professoressa Alessandra Servidori

Impegnata da quasi tre anni nel governo di centro-destra a fianco del ministro del Welfare Maurizio Sacconi, la professoressa Alessandra Servidori, sociologa di Bologna, ha partecipato al seminario di approfondimento dei giornalisti e operatori della comunicazione del Gruppo San Paolo nella mattinata di giovedì 31 marzo. Trait d'union tra la politica e i tecnici che coadiuvano il ministro a mettere in atto strumenti legislativi per creare osmosi tra il mondo del lavoro e la società civile, la sociologa è stata all'epoca una delle persone più vicine al giurista Marco Biagi, assassinato dalle Brigate Rosse il 19 marzo 2002 all'età di 51 anni per una proposta di riforma, in qualità di consulente dell'allora ministro del lavoro e delle politiche sociali Roberto Maroni, dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori sul licenziamento individuale.

- Professoressa Servidori, di cosa ha bisogno oggi l'Italia quanto alle politiche del lavoro?
«L'Italia ha bisogno di un sistema-paese che sia liberato da vincoli normativi che impediscono di essere competitivi. Abbiamo bisogno di una serie di riforme in linea con quanto iniziato dal professor Marco Biagi, un progetto a lungo termine che non può essere più interrotto: riforma degli ammortizzatori sociali, dello Statuto dei lavoratori, dell'apprendistato, dell'arbitrato e della conciliazione, dell'attività ispettiva contro il sommerso, della sicurezza sul lavoro... Senza dimenticare il libretto formativo che accompagna il ragazzo nel suo curriculum lungo gli anni. Queste sono le riforme che dobbiamo portare a termine, riforme su cui tutti, destra e sinistra - compresi i sindacati -, sono d'accordo».

- Cosa avete fatto in concreto?
«Ad esempio, come reazione alla crisi, abbiamo ampliato gli ammortizzatori sociali, a partire dalla cassa integrazione ordinaria, speciale e in deroga, aiutati dalle aziende, peraltro, che non ne hanno fatto un ricorso massiccio anche perchè hanno utilizzato molto i contratti di solidarietà».

- Scuola-lavoro. Come vede la situazione?
«Direi che la scuola è il primo settore su cui siamo chiamati ad agire. Nel recente passato si è investito molto sui licei e poco sugli istituti professionali. La realtà ci dice invece che oggi c'è molto bisogno di figure professionali per lavori manuali, magari anche di nicchia, ma che siano ben prepararate. Occorre allora integrare la scuola - cioè l'università e gli istituti secondari - con il mondo del lavoro. Ci sono, ripeto, molte nicchie di lavoro che devono solo essere scovate e sfruttate dal mondo del lavoro. Abbiamo bisogno, poi, di ripristinare il tutor aziendale, quella figura che aiuta i giovani in azienda a imparare un mestiere; dobbiamo insegnare ai ragazzi, già dal tempo della scuola, come si svolge tutta la filiera di produzione. Insomma, il lavoro da fare è tanto».

- Quali sono gli ostacoli a una riforma organica del mondo della scuola?
«Alcuni enti di formazione fanno troppa resistenza a creare collegamenti con il mondo del lavoro, a differenza di molte aziende che invece chiedono di conoscere la scuola, di venire in contatto con i ragazzi per selezionare fin dalla scuola i migliori. Dobbiamo cercare di favorire gli stage in azienda durante l'ultimo anno di scuola perchè sappiano già da subito cosa vogliono fare. E' troppo tardi fare orientamento quando si ha ormai la maturità in mano. Abbiamo bisogno in una parola, anche se troviamo oggettive difficoltà da parte di molti insegnanti, di far fare esperienza ai ragazzi della complessa realtà del loro territorio. Registriamo una certa chiusura della scuola rispetto al mondo esterno, famiglia compresa».

- Parliamo delle donne.
«Il piano Sacconi-Carfagna ha individuato di recente alcuni dispositivi per aumentare l'occupazione femminile. Fondamentale è rendere più elastico il carico di lavoro per le donne, quelle che hanno i maggiori compiti di cura all'interno della famiglia. Entro il 7 giugno dovranno essere individuati modelli concreti da applicare alle aziende per poter potenziare ad esempio i congedi parentali, migliorare l'elasticità dell'orario di lavoro, la conciliazione con la famiglia attraverso defiscalizzazioni che serviranno da incentivo per le aziende. Il messaggio alle aziende è: applicando un modello organizzativo previsto per singole persone e per determinati periodi che aumenta la produttività - e dipendenti sereni aumentano la produttività - avranno meno tasse. E i dipendenti più soldi in busta paga. Occorre creare una mentalità in questo senso, convincere di questo le aziende. Sono fiduciosa che questo tipo di organizzazione aziendale può passare poi anche per gli uomini».

Stefano Stimamiglio
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Postato da antren il 25/10/2011 20:09

ho sentito la porta chiudersi: mia figlia è partita. Va a prendere il treno per lo scritto di un concorso: 2 posti per un anno a tempo determinato come assistente sociale. Non ho potuto dirle quello che mi pesa: io so che quei due posti sono già assegnati, che il concorso si fa per "sistemare" due persone che già avevano collaborato con il Comune in questione. Cosa dirle? "Resta a casa, che tanto è inutile?" Farle perdere anche la speranza di poter avere un lavoro? L'ho vista impegnarsi, prepararsi, studiare e ripetere...però quando avrà il risultato potrà forse dubitare anche di se stessa, della sua preparazione, della sua capacità di superare le prove...è difficile per me, ma ho scelto di tacere. Forse se anche lei avesse già lavorato per quel comune mi sarebbe parso giusto che si cercasse di mantenerle un'occupazione, che si bandisse un concorso per sistemare una situazione di fatto....ma allora come si reclutano questi ragazzi? Taccio, e spero. Prego che una delle due future vincitrici possa avere in realtà già trovato un'altra occupazione, che anche mia figlia possa, magari solo per un anno, potercela fare, contando sulle sue sole forze. Però questo Stato che spreca le sue risorse migliori lasciando a casa queste giovani in gamba, la loro energia, la loro vitalità e non facendo nulla per incentivare il lavoro e la passione dei giovani mi fa orrore...

Postato da Franco Salis il 07/04/2011 09:19

andrea luca il 03/04/2011 08.41 scrive: Allora cosa vogliamo? Cittadini (che studino storia, diritto, scienze ed inglese) o avvitabulloni (che lavorino senza ragionare)? Se la domanda fosse indirizzata a me, risponderei senza indugio “avvitabulloni”! Ma sei matto andrea luca, se i giovani dovessero cominciare a ragionare, ti pare che si accontenterebbero delle risposte talmente generiche che ha dato la “superconsulente”? Prenditi ciascuna risposta:ci può stare tutto e il contrario di tutto. Così che qualunque cosa faccia il ministero (o meglio non faccia) può sempre dire: ma io lo avevo detto. In Italia abbiamo molte persone che sanno fare una scelta precisa all’interno di quelle indicazioni. Sono temi da tempo dibattuti e la “superconsulente” non ha fatto fatica ad attingere da abbondante letteratura. Adesso la redazione dirà, ancora quello scassa pazienza di Franco Salis!

Postato da andrea luca il 03/04/2011 08:41

Capisco che in una pagina non si possa dire tutto ma mi sembra di sentire parlare la Gelmini: negli istituti professionali si devono aumentare sia le competenze di base sia le conoscenze pratiche laboratoriali: tutto ciò è stato fatto diminuendo le ore di lezione che da 40 settimanali sono passate gradualmente a 36 ed ora a 32 e penalizzando soprattutto le materie professionali dove da 12 ore di laboratorio settimanali siamo scesi a 4 togliendo quasi interamente la compresenza (provare cosa significa insegnare in sicurezza a far fare qualcosa di pratico a 25 alunni: nessuno dei riformatori l’ha mai fatto). è stata aggiunta indipendente qualche ora teorica ma con due ore settimanali di lezione in ambienti difficili spesso a mala pena si riesce a conoscere gli alunni ed a provare a fare qualcosa. Allora cosa vogliamo? Cittadini (che studino storia, diritto, scienze ed inglese) o avvitabulloni (che lavorino senza ragionare)?. Non ho mai visto nessun Solone nelle nostre scuole professionali a cercare di capire i ragazzi che le frequentano, il loro problemi intellettivi e sociali, il loro relazionarsi (neppure il preside, troppo impegnato nel suo studio e negli incontri politici). Ho solo visto riforme calate dall’alto, sempre peggiori con le richieste più assurde agli insegnanti Peraltro sapete che ai supplenti non è dato lo stipendio per mesi perché il ministero non manda i fondi? E qualcuno ci dice che bisogna spendere per favorire l’economia. Per fortuna mio figlio abita ancora con me altrimenti pur lavorando da quasi un anno andrebbe a mangiare alla Caritas.

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