05/03/2013
Alcuni riescono a restare calmi, e a controllare il tono di voce. Altri sibilano consigli trattenendo a stento lo sconforto e la stanchezza. Spesso poi si sbotta, si piange e infine si litiga.
E' l'odiato momento dei compiti: terrore dei bambini e dei genitori, capace di mettere in scena il peggio di ognuno di noi. Ed è anche un tema di costante e acceso confronto tra diverse fazioni. Divise tra chi si cerca di non venirne coinvolto e preferisce lasciare che il figlio, nel bene e nel male se la cavi da solo, e chi sceglie di tornare sui banchi di scuola sobbarcandosi, dopo una giornata di lavoro, anche le incombenze scolastiche dei figli arrivando, persino a parlare al plurale quando si tratta verifiche: «Domani abbiamo il compito in classe...».
Recentemente una lettrice di Famiglia Cristiana, ha chiesto consiglio sulle pagine della rubrica Essere genitori: «i compiti assegnati in quantità eccessiva dagli insegnanti, fatti di malavoglia da mio figlio di 8 anni, hanno obbligato me e mio marito ad assisterlo ogni giorno per almeno un’ora, quando tornavamo a casa dal lavoro la sera».
Categorica la risposta di Albero Pellai, medico e psicoterapeuta: «In casa tua c’è da cambiare tutto, ma proprio tutto. Se tuo figlio per fare i compiti attende che voi rientriate alla
sera dal lavoro, stanchi della vostra giornata e poi vi mettiate al suo fianco per assisterlo,
tutto funziona in modo esattamente opposto a come dovrebbe essere». E aggiunge: «consiglio sempre ai genitori di non diventare mai i maestri dei propri figli. Eventualmente sosteneteli se vi chiedono aiuto, controllate che abbiano fatto il loro dovere, interrogateli se ve lo chiedono.Tutto questo, però, è ben diverso dal sedersi al loro fianco e sostituirsi addirittura nel fare conticini e ricerche, come se i compiti fossero un affare vostro. Abituateli già alle elementari a rendersi autonomi e indipendenti».
La risposta non è piaciuta a un papà che, in seguito, è così intervenuto: «Io penso che sia utile che i genitori dopo una giornata lavorativa stiano a fianco dei figli per aiutarli nei compiti. Molti, stanchi del lavoro, non ne hanno alcuna voglia, ma questo è un problema di maturità dei genitori e non dei figli».
Ancora più deciso Alberto Pellai: «Il dovere di un genitore non è controllare e obbligare i figli a fare i compiti, ma educarli a diventare responsabili, a comprendere che nella vita ci sono cose faticose che devono essere fatte, anche se non se ne ha voglia». Due, a suo parere, sono le strade da intraprendere perché ciò avvenga: diventare cani segugio stando sempre alle calcagna dei figli, oppure sostenerli perché si abituino a diventare autonomi.
Pellai ricorda che alla sera genitori e figli devono stare insieme per fare famiglia e non per fare i compiti: «Mi capita molto spesso di sentire storie di genitori che urlano, figli che piangono e scapaccioni che volano a causa di compiti che i figli non capiscono e che i genitori provano loro a spiegare. Tutto questo è negativo. In tali situazioni si genera una dipendenza reciproca e malsana e si crea frustrazione in tutti, facendo diventare il tempo di famiglia un tempo di conflitti e dissapori».
Orsola Vetri