Un altro attacco alla Legge 40

Un giudice del tribunale di Firenze ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla legittimità del divieto della fecondazioen eterologa.

07/10/2010
Il palazzo della Consulta.
Il palazzo della Consulta.

C'era da aspettarselo: a colpi di martello, pardon, di sentenze l'impianto della legge 40/2004 sulla procreazione assistita viene messo sempre più in discussione nei suoi principi basilari, che sono il frutto di un delicato compromesso in Parlamento fra l'esigenza delle coppie sterili di avere un bambino e quello di un grado minimo di rispetto della dignità dell'uomo, in particolare del nascituro. La notizia, sarà un caso, viene subito dopo che da Stoccolma è stata  annunciata l'assegnazione del premio Nobel per la medicina allo scienziato britannico Robert Edwards, per i suoi studi sulla fecondazione in vitro su cui, come noto, la dottrina della Chiesa da sempre esprime pacate ma decise riserve.

      Già la Consulta aveva modificato nell'aprile 2009 la legge 40 cancellando il numero massimo di 3 embrioni generabili per ciclo di fecondazione. Questa volta sotto attacco è una delle norme cardine della legge, quella che vieta la cosiddetta "fecondazione eterologa", cioè la produzione degli embrioni con almeno un gamete (cioé l'ovulo o lo spermatozoo) esterno alla coppia, sposata o convivente. Il tribunale di Firenze ha chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla questione di legittimità costituzionale dell'art. 4, 3° comma della legge 40, («È vietato il ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo»), accogliendo la richiesta di una coppia fiorentina che, a causa della sterilità dell'uomo, non può avere figli.

      La coppia, che ha già tentato più volte nella Repubblica Ceca e in Svizzera di avere un figlio attraverso la fecondazione eterologa, permessa dalle legislazioni di quei Paesi e come detto vietata in Italia, vorrebbe veder riconosciuto il suo diritto di procedere alla fecondazione eterologa anche nel nostro Paese facendo rimuovere dall'ordinamento tale disposizione legislativa attraverso una sentenza della Corte costituzionale. Il caso, anche per l'appoggio legale che la coppia ha ricevuto dall'associazione radicale "Luca Coscioni", è destinato a travalicare i confini del singolo caso e a diventare oggetto di dibattito politico, oltre che giuridico.

      In diritto, l'ordinanza del tribunale si basa, oltre che sull'art. 3 (Uguaglianza e non discriminazione tra i cittadini), anche sull'art. 11 ("L'Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni") della Costituzione per la presunta mancata recezione in Italia di una sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo (diversa, si badi bene, dalla Corte di Giustizia che, a differenza della Corte di Strasburgo, è un organo dell'Unione Europea). A tale sentenza, che si è pronunciata contro una norma austriaca che vietava la fecondazione eterologa "in vitro", cioè in provetta, ma non "in vivo" (cioè direttamente nel corpo della donna), non sarebbe stata data attuazione nell'ordinamento italiano. Questioni, dunque, su cui si dibatterà in punta di diritto.

      L'On. Carlo Casini, Presidente del Movimento per la Vita, in una nota ha sottolineato proprio la non vincolatività "erga omnes", cioè generale, della sentenza di Strasburgo affermando che «non è vero che il Trattato di Lisbona ha automaticamente introdotto le decisioni della Corte di Strasburgo nel diritto comunitario. Decisioni che in ogni caso riguardano il caso singolo e non hanno portata generale». Casini ha anche affermato che «bisognerebbe abituarsi a guardare alla procreazione artificiale con gli occhi dei bambini, visto che, secondo la Dichiarazione universale del 1959 che li riguarda, "l'umanità ha il dovere di dare al fanciullo il meglio di sé stessa"».

      In merito, poi alla fecondazione eterologa, Casini ha ribadito la posizione del Mpv:«Credo che, se i figli potessero parlare, rifiuterebbero di essere generati per la morte immediata nelle sperimentazioni e nelle selezioni. Credo anche che vorrebbero avere un padre e una madre certi, e che quindi quelli che li hanno generati siano gli stessi che li accolgono e li educano quando nascono. Ma nella fecondazione eterologa qualcuno, donando il seme o l'uovo, genera un figlio per abbandonarlo. Non si può fare nessun confronto con l'adozione, che è un rimedio contro l'abbandono, il quale in se stesso è un male. Ma nella fecondazione eterologa si genera per abbandonare».

      Occorrerà ora attendere qualche settimana per conoscere, dopo l'iscrizione in ruolo, la data in cui la Corte costituzionale discuterà il caso.

Stefano Stimamiglio
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