Istat: il calo dei matrimoni

L'Istat registra una diminuzione dei matrimoni. Il dato riguarda sia le prime che le seconde nozze. Così come quelle religiose rispetto a quelle civili.

29/11/2012

Forse il dato non è inatteso: secondo il rapporto  Istat Matrimoni in Italia, nel 2011 si sono sposate 204.830 coppie, 12.870 in meno rispetto al 2010. È una tendenza alla diminuzione in atto dal 1972, ma negli ultimi quattro anni si è particolarmente accentuata: infatti, la variazione media annua è stata del -4,5% tra il 2007 e il 2011, a fronte di un -1,2% rilevato negli ultimi 20 anni. È un valore che unisce tutta la Penisola, da Nord a Sud, interessando tutte le regioni; tuttavia, nel periodo 2008-2011, il calo più marcato si è osservato in Sardegna (-7,7%), in Campania e nelle Marche (-6,9%) e in Abruzzo (-6,6%).

Il Rapporto Istat analizza nel dettaglio le sfaccettature di questo calo. Tra le cause, e anche questo è un elemento al centro della riflessione da tempo, vi è la diffusione delle unioni di fatto, che, al contrario dei matrimoni, sono in continuo aumento: da circa mezzo milione nel 2007 a 972 mila nel 2010-2011. Sono in particolare le convivenze more uxorio tra partner celibi e nubili, quindi le prime unioni, ad aver fatto registrare l’incremento più sostenuto, arrivando a 578 mila. La conferma di questo cambiamento viene dalle informazioni sulle coppie di fatto con figli: nello scorso anno, un nato su 4 ha i genitori non coniugati.

Se la natalità italiana è “salvata” dai figli degli immigrati, anche il calo dei matrimoni è, almeno in parte, ridimensionato dalle scelte degli stranieri. Soprattutto matrimoni tra rumeni, ma anche nigeriani e cinesi, mentre altre comunità, altrettanto numerose, come gli albanesi e i marocchini, preferiscono sposarsi nel paese di origine. A diminuire, comunque, sono soprattutto le prime nozze tra sposi entrambi di cittadinanza italiana: 155.395 celebrazioni nel 2011, 37mila in meno negli ultimi quattro anni.

Rispetto al 2007, calano anche i matrimoni misti (18mila nel 2011, 5.555 in meno), ma sono in lieve ripresa rispetto al 2009-2010, quando per sposarsi il Governo aveva imposto, oltre al tradizionale nullaosta, anche il permesso di soggiorno. La sentenza del luglio 2011, che ha dichiarato incostituzionale la norma, è verosimilmente alla base della lieve ripresa del fenomeno. In ogni caso, i matrimoni misti sono chiaramente un elemento della nostra società: basti pensare che al Nord ben uno sposo italiano su 10 convola a nozze con una donna straniera. Gli uomini italiani tendono a scegliere maggiormente una moglie romena, ucraina o brasiliana, mentre le donne italiane sposano più facilmente marocchini e albanesi.

Diminuiscono anche i secondi matrimoni: da 34.137 del 2008 a 31.048 del 2011, ma la loro quota sul totale è in crescita dal 13,8% del 2008 al 15,2% del 2011. Le nozze sono sempre più tardive: l'età media al primo matrimonio è pari a 34 anni per gli uomini e 31 per le donne. La tendenza si spiega con la scelta tra i giovani delle unioni di fatto o delle convivenze pre-matrimoniali, ma soprattutto per la sempre più prolungata permanenza nella famiglia di origine: nel 2011, vivono con i genitori il 50% dei maschi e il 34% delle femmine tra 25 e 34 anni.

Varie le cause: l’aumento della scolarizzazione e l’allungamento dei tempi formativi, le difficoltà dei giovani nell’accedere al mercato delle abitazioni e al mondo del lavoro, la condizione di precarietà del lavoro stesso. La crisi economica, ovviamente, ha accentuato il diffuso senso di precarietà e di incertezza che ha impattato negativamente anche sui comportamenti nuziali. Dal Rapporto Istat si ricava, poi, un altro dato per nulla inaspettato, ma che conferma una tendenza in atto da decenni, il calo dei matrimoni religiosi (-29,2%) rispetto a quelli civili. Nel 2011, sono stati 124.443 (61%), a fronte di 80.387 nozze civili (il 39% del totale). 

Solo 15 anni fa, i matrimoni civili non arrivavano al 20% del totale delle celebrazioni; l’aumento di questa quota è uno dei tratti più evidenti del mutamento in atto nell’istituzione matrimoniale. Lungo la Penisola, ci sono delle profonde differenze geografiche: al Nord, per la prima volta, le nozze civili (52%) superano quelle religiose; al Centro si arriva al 47%, mentre nel Mezzogiorno questa proporzione è del 23%. Tra le province, il record di matrimoni  civili si registra a Livorno e Trieste (62,5%), Massa-Carrara (56,5%), Bolzano (56%), seguite da Genova e Ferrara (55,7%), Grosseto (55,3%) e Udine (55,1%). Infine, un dato economico: senza forti differenze tra le regioni del Nord e del Sud, si conferma la prevalenza dei matrimoni in regime di separazione dei beni, che viene scelto in due casi su tre.  

Stefano Pasta
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Postato da santrev il 30/11/2012 14:28

Enzo Bianchi, in un incontro voluto oltre un anno fa dall'amministrazione comunale di Verona, ha affrontato con serietà questo tema, in un incontro pubblico di fronte ad una platea numerosa, attenta e di varia estrazione. Questo a dimostrazione dell'importanza che i cittadini già da tempo danno a questo argomento del matrimonio. In internet si può trovare qualche frammento, per altro interessante, di quell'incontro, nel sito: http://www.youtube.com/watch?v=CMCQGs50GlE Una constatazione amara mi sento di fare: una gerarchia ecclesiastica che aspetta i risultati dell'Istat o un articolo di FC per meravigliarsi della situazione, non può avere grande seguito. Anzi conferma che non vive in mezzo alla gente e fintantoché i componenti di questa gerarchia si rintanano nei palazzi vaticani a difesa di interessi che nulla hanno a che fare con la salvezza dell'anima, la divulgazione del Vangelo che Gesù aveva dato come eredità agli apostoli, viene tradita. I preti, punto di riferimento delle parrocchie, si stanno riducendo di numero e la loro non presenza in mezzo alla gente si fa sentire. I laici che potrebbero assolvere ad alcuni compiti e ad aiutare i pochi preti rimasti, nonostante l'apertura del Concilio, sono visti dalla gerarchia ecclesiastica come coloro che potrebbero ficcare il naso nelle questioni a lei riservate. Le grandi manifestazioni mediatiche, i meeting o i convegni non servono a nulla se non accompagnati da una presenza in mezzo alla gente comune, ai più deboli e a coloro che si trovano in condizioni di disagio. Il solo pensare che la chiesa abbia demandato ad un tal Giovanardi la gestione dei problemi della famiglia provo sconforto e intuisco il perché il matrimonio religioso non venga più visto come garanzia e tutela della famiglia stessa. Quale sarà la prossima risposta della chiesa? Spero non con un altro mega galattico incontro in qualche città del nord, promosso con un grande impegno pubblicitario e suggellato alla fine dall'arrivo in pompa magna del "capo supremo", che con le sue pantofole rosse abbagli gli occhi esterrefatti dei presenti. Il "berlusconismo" é oramai morto e sepolto... e non incanta più nessuno!

Postato da santrev il 30/11/2012 14:02

Enzo Bianchi, in un incontro voluto oltre un anno fa dall'amministrazione comunale di Verona, ha affrontato con serietà questo tema, in un incontro pubblico di fronte ad una platea numerosa, attenta e di varia estrazione. Questo a dimostrazione dell'importanza che i cittadini già da tempo danno a questo argomento del matrimonio. In internet si può trovare qualche frammento, per altro interessante, di quell'incontro, nel sito: http://www.youtube.com/watch?v=CMCQGs50GlE Una constatazione amara mi sento di fare: una gerarchia ecclesiastica che aspetta i risultati dell'Istat o un articolo di FC per meravigliarsi della situazione, non può avere grande seguito. Anzi conferma che non vive in mezzo alla gente e fintantoché i componenti di questa gerarchia si rintanano nei palazzi vaticani a difesa di interessi che nulla hanno a che fare con la salvezza dell'anima, la divulgazione del Vangelo che Gesù aveva dato come eredità agli apostoli, viene tradita. I preti, punto di riferimento delle parrocchie, si stanno riducendo di numero e la loro non presenza in mezzo alla gente si fa sentire. I laici che potrebbero assolvere ad alcuni compiti e ad aiutare i pochi preti rimasti, nonostante l'apertura del Concilio, sono visti dalla gerarchia ecclesiastica come coloro che potrebbero ficcare il naso nelle questioni a lei riservate. Le grandi manifestazioni mediatiche, i meeting o i convegni non servono a nulla se non accompagnati da una presenza in mezzo alla gente comune, ai più deboli e a coloro che si trovano in condizioni di disagio. Il solo pensare che la chiesa abbia demandato ad un tal Giovanardi la gestione dei problemi della famiglia provo sconforto e intuisco il perché il matrimonio religioso non venga più visto come garanzia e tutela della famiglia stessa. Quale sarà la prossima risposta della chiesa? Spero non con un altro mega galattico incontro in qualche città del nord, promosso con un grande impegno pubblicitario e suggellato alla fine dall'arrivo in pompa magna del "capo supremo", che con le sue pantofole rosse abbagli gli occhi esterrefatti dei presenti. Il "berlusconismo" é oramai morto e sepolto... e non incanta più nessuno!

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