Procreazione assistita, il governo ricorre

Depositato il ricorso alla Grande Chambre contro la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo che in agosto aveva cassato il divieto di diagnosi preimpanto della legge 40.

30/11/2012
La Corte Eurpea dei Diritti dell'Uomo (Corbis)
La Corte Eurpea dei Diritti dell'Uomo (Corbis)

Appena in tempo. Esattamente allo scadere dei termini previsti, il governo italiano ­– dopo ripetute sollecitazioni di parte della società civile (in primis il Movimento per la Vita) e di molti esponenti politici – ha depositato la richiesta per il riesame della sentenza della Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo che, lo scorso 28 agosto, aveva annullato in alcune parti la legge 40 sulla procreazione assistita. Lo scorso 28 agosto la Corte, in primo grado (caso Costa e Pavan vs Italia; procedimento n. 54270/10), aveva riscontrato un’incoerenza nel sistema legislativo italiano laddove, da un alto vieta la diagnosi preimpianto degli embrioni concepiti in provetta e la riduzione embrionale (legge 40, art. 13 comma 3 lett. a), mentre dall’altro permette l’aborto (magari dopo una diagnosi prenatale del feto) con la legge 194.

Il caso riguardava una coppia romana che, con il primo figlio, aveva scoperto di essere portatrice sana di mucoviscidosi. La decisione di presentare ricorso è stato comunicato da palazzo Chigi, con la nota che «la domanda di rinvio alla Grande Chambre della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo si fonda sulla necessità di salvaguardare l'integrità e la validità del sistema giudiziario nazionale, e non riguarda il merito delle scelte normative adottate dal Parlamento né eventuali nuovi interventi legislativi». In altre parole la Corte «ha deciso di non rispettare la regola del previo esaurimento dei ricorsi interni», lasciando aperta la possibilità che in futuro il Parlamento italiano introduca modifiche alla legge 40. Favorevole il commento del Movimento per la Vita:  «L’impugnativa del governo era doverosa perché la decisione di Strasburgo nel caso in questione, aveva violato la sovranità dello Stato e il Trattato istitutivo della stessa Corte. A questo riguardo il testo del documento italiano è limpido ed efficace: non ci si può rivolgere alla Corte di Strasburgo se prima non ci si è rivolti ai giudici nazionali». Contrari diversi esponenti del Pd, fra cui Livia Turco, che si è rammaricata che il governo non abbia riferito in Parlamento della sua intenzione di proporre ricorso. Tra qualche mese è attesa la sentenza definitiva della Grande Chambre.

Stefano Stimamiglio
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Postato da santrev il 30/11/2012 12:47

La speranza di raggranellare qualche voto elettorale dei cattolici alle prossime elezioni ha portato l'attuale maggioranza parlamentare a presentare ricorso. Stiamo parlando di una maggioranza parlamentare che attualmente rappresenta si e no il 15% del consenso popolare. Certo che una chiesa che si fa rappresentare da PDL e Lega difficilmente riesce ad avere credibilità.

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