Maria Falcone: Giovanni, mio fratello

Intervista con Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso nella strage di Capaci.

22/05/2012
La via dedicata ad uno degli uomini che scortavano Falcone il giorno dell'attentato, Rocco Dicillo.
La via dedicata ad uno degli uomini che scortavano Falcone il giorno dell'attentato, Rocco Dicillo.

Sono passati vent’anni da quando il 23 maggio 1992 alle 17.58 Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e agli agenti di scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifano vennero fatti saltare in aria con quasi mille chili di tritolo sull’autostrada che conduce dall’aeroporto di Punta Raisi (oggi Falcone e Borsellino) a Palermo. Ad attenderli sulla pista dell’aeroporto c’erano, come ogni sabato pomeriggio, tre auto. Una Croma marrone, una Croma bianca, una Croma azzurra. Era la sua scorta.

Un episodio che ha lasciato un segno nelle coscienze civili non solo italiane e che ha determinato, insieme, al successivo attentato di via D’Amelio all’amico Paolo Borsellino, un cambiamento di atteggiamento dello Stato nella lotta contro la mafia. Misure dure, leggi che giacevano da tempo in Parlamento sono state in seguito rapidamente approvate. Il carcere duro per i mafiosi è diventato uno strumento di lotta alla criminalità particolarmente efficace. Maria Falcone, sorella del magistrato, da tanti anni è impegnata con la Fondazione Falcone (www.fondazionefalcone.it) nel portare testimonianza nelle scuole e nella società sul valore e sulle idee di Falcone. Le abbiamo chiesto cosa è cambiato in questi venti anni  e su quali punti non intende transigere proprio nel giorno delle ricorrenze ufficiali.

Il cunicolo sotto l'autostrada dove fu nascosto l'esplosivo per la strage, quasi mille chili di tritolo.
Il cunicolo sotto l'autostrada dove fu nascosto l'esplosivo per la strage, quasi mille chili di tritolo.

-Giovanni Falcone da magistrato troppe volte si è trovato solo, per i suoi metodi investigativi innovativi ma anche per quel clima “avvelenato” che si respirava all’interno del Palazzo di Giustizia di Palermo. Troppe volte dovette combattere, sia nel suo impegno di magistrato a Roma che in quello al Ministero a Roma, contro la mafia e forse anche contro l’invidia. Come viveva Falcone questa solitudine ?


"Mio fratello ha spesso colto nella sua attività non solo quel senso di solitudine ma anche quella contrapposizione continua, quei “veleni” interni alla Procura che ne hanno spesso ostacolato il lavoro. Non si scoraggiò mai. Volle sempre andare avanti convinto dei propri ideali e delle proprie idee. Giovanni non fu quell’uomo protagonista e continuamente sotto i riflettori dell’antimafia che in tanti hanno cercato di descrivere ma è stato la persona che collezionò la maggior quantità di sconfitte nella propria vita. Dalla sua attività contro la mafia ebbe pochi meriti riconosciuti e molti dolori e amarezze". 

 

- Quali erano i metodi investigativi che riuscirono a scardinare il sistema mafioso in Sicilia e che anche l’FBI negli Stati Uniti prese come modello, e che ancora oggi consentono di colpire la mafia ?

 

"Giovanni si era inventato un metodo nella lotta alla mafia che portò al maxiprocesso del 1986 che mise alla “sbarra” i principali capi di Cosa Nostra tra cui i maggiori esponenti della famiglia dei Greco, con condanne pesantissime. Il suo metodo scientifico di lavorare prevedeva, tra l’altro, indagini sui patrimoni e sul denaro riciclato. Riuscì, per primo, ad “aprire” i forzieri delle banche svizzere, combattendo il segreto bancario. Individuò i collegamenti tra la mafia italiana e quella americana. E’ anche per questo che Falcone, in America, è considerato un leader, un eroe. E negli Stati Uniti, a differenza di quanto avvenuto in Italia, nessuno lo ha ostacolato. Mi piace citare Giorgio Bocca quando ricordava come in Italia “siamo in grado di riconoscere tutti i meriti ai morti ma non ai vivi”.

Giovanni Falcone con Paolo Borsellino (foto Ansa).
Giovanni Falcone con Paolo Borsellino (foto Ansa).

- Lei spesso incontra nelle scuole i giovani che non hanno conosciuto Falcone. Qual è il messaggio di suo fratello che ancora oggi affascina tanti ragazzi e ragazze?

 

"I ragazzi hanno bisogno di modelli. Falcone è l’eroe “senza macchia”. Colui che ha dato il massimo impegno nel suo lavoro senza mai cercare tornaconti personali ma impegnandosi per il miglioramento della società. I ragazzi oggi hanno più che mai bisogno di esempi postivi che esaltino valori cui Giovanni era molto legato quali la libertà e la democrazia".

 

- Il processo per l’attentato in cui morì anche suo fratello si è concluso con pene pesantissime. Pensa che il processo abbia svelato anche il livello politico che in qualche modo "accopagnò" l'attentato di Capaci ?


"Sicuramente di alcuni politici, penso a Ciancimino e ai Salvo, venne dimostrata l'appartenenza organica a Cosa Nostra. Falcone era certo che la mafia si infiltrasse in molti parti della società con personaggi appartenenti al mondo politico, ma non ne aveva le prove. Portò a processo solo le persone di cui era possibile dimostrare la colpevolezza. Giovanni diceva spesso che “portare in giudizio una persona senza riuscire a condannarlo significava dargli una legittimazione che non gli sarebbe più stata tolta”".

 

- Il Governatore della Sicilia Raffaele Lombardo è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. La Fondazione Falcone non lo ha invitato alla commemorazione del 23 maggio, quando tutta Italia ricorderà il ventesimo anniversario della strage di Capaci. Che significato ha questo gesto ?

 

"Per noi le liste dei Deputati e dei rappresentanti istituzionali devono essere “pulitissime”. Non possiamo portare nei posti di governo persone vicine a gruppi mafiosi. Per me sarebbe impossibile pensare di ricevere all’interno dell’aula bunker di Palermo, simbolo del maxiprocesso e della vittoria dello Stato su Cosa Nostra, rappresentanti di Istituzioni, come il Governatore della Sicilia Lombardo, che hanno processi aperti per legami con la mafia e rinviati a giudizio per questo motivo". 

- Falcone diceva che la mafia, come tutte le cose terrene, è destinata a scomparire. Lei, a vent’anni da quell’attentato, inizia a vedere sgretolarsi il sistema mafioso ?


"Non posso essere io a dirlo. Posso però testimoniare la grande reazione della società civile di questi anni che ha contribuito a creare quel clima culturale grazie al quale le forze dell’ordine hanno arresto i principali latitanti mafiosi. Mi piace ricordare le parole di mio fratello quando diceva: “non possiamo pensare ad una società senza criminalità ma dobbiamo ipotizzare una società senza Cosa Nostra”.

Andrea Ferrari
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