Afghanistan, fuoco sugli italiani

Un'autobomba s'inserisce in un convoglio nell'area di Farah: tutti illesi. Ieri, scontro a fuoco nella zona di Bala Murghab, a ridosso del Turkmenistan: feriti tre militari italiani.

17/07/2010

Non c'è pace in Afghanistan. Il 17 luglio un convoglio di cinque blindati Lince è rimasto coinvolto nell'esplosione di un'autobomba nella provincia di Farah, nell'area centroccidentale dell'Afghanistan. Illesi tutti i militari italiani, solo un veicolo ha riportato lievi danni, l'attentatore è morto. 

    Il convoglio di Alpini della Brigata Taurinese, appartenenti al 9° Reggimento dell'Aquila, stava rientrando alla base avanzata di Bala Baluk, al termine di una attività operativa, quando a circa tre chilometri ad Ovest della base, una vettura, già ferma sul ciglio della strada, al passaggio della colonna dei Lince si è improvvisamente mossa, inserendosi tra il secondo e terzo mezzo ed esplodendo. Nella deflagrazione, il terzo veicolo della colonna, investito dall'onda d'urto, ha riportato solo lievi danni, che non ne hanno comunque compromesso l’efficienza, mentre la persona alla guida della vettura è deceduto nella deflagrazione. Tutti i mezzi hanno proseguito, rientrando in base.

    Il giorno prima c'era stato un altro episodio, risultato più grave. Alle 11 (ora locale, le 8,30 in Italia) di venerdì 16 luglio. Sono le 11, ora locale, le 8,30 in Italia. A sud di Bala Murghab,  nell'Afghanistan occidentale, non lontano dal turbolento confine con il Turkmenistan, e fuori dalla bolla di sicurezza faticosamente allargata dagli alpini della Taurinense per garantire pace e ripresa socio-economica a una maggiore porzione di territorio afghano, una pattuglia della Task force 45, composta da elementi provenienti dal meglio delle nostre forze speciali, è impegnata in un'attività operativa al fianco della forze di sicurezza afghane, quando all'improvviso viene presa di mira da un numero imprecisato di "insorti". Ne segue un cruento scontro a fuoco: tre feriti tra gli italiani, tra cui uno in condizioni particolarmente gravi. 

    E' l'ennesimo attacco in una delle zone più calde di tutto l'Afghanistan. Due mesi fa, per raggiungerla provenienti via terra da Herat, due soldati italiani morirono saltando su un ordigno. Lì, a Bala Murghab, i militari italiani, americani e afghani vivono letteralmente in trincea, come documentato da Famiglia Cristiana tramite un reportage e le foto di Nino Leto.

    Scarni i particolari sull'attacco, che alla fine si è trasformato in un vero e proprio combattimento. Pare che gli spagnoli, fedeli alle rigide indicazioni date da Madrid, abbiano fatto poco o nulla per aiutare. Di questo le fonti ufficiali non parlano. Il ministro della Difesa La Russa, dal canto suo, ha spiegato che si è trattato di una "attività di supporto all'Ana, l'esercito afgano" e di uno "scontro a fuoco avviato da talebani". Riguardo ai soldati italiani coinvolti, La Russa ha detto che uno è rimasto ferito "in maniera molto seria", infatti ha riportato lesioni di arma da fuoco a un polmone e a una spalla; le condizioni del secondo (ferito all'inguine) "non sono invece particolarmente gravi", mentre il terzo è stato ferito "in modo lieve". 

    La pattuglia finita sotto attacco è stata subito soccorsa: i due militari in condizioni meno preoccupanti sono stati medicati nella base avanzata italiana Columbus, a Bala Murghab, mentre il più grave - un ufficiale, di cui non è stato reso noto il nome "secondo la politica Nato" - è stato trasferito in elicottero ad Herat, il quartier generale italiano. 

    Ma anche l'elicottero é stato preso di mira dagli insorti: il velivolo ha riportato "lievi dannì, che però hanno comportato una sosta intermedia in una base spagnola. Ora l'alpino è ricoverato nell'ospedale militare di Camp Arena, ad Herat. "Speriamo che superi completamente questa fase delicata", ha detto La Russa, mentre dal comando italiano fanno comunque sapere che "nessuno dei tre militari feriti è in pericolo di vita". Il nuovo combattimento fa dire al ministro La Russa che Bala Murghab (la stessa località dove lo scorso 17 maggio vennero uccisi Massimiliano Ramadù e Luigi Pascazio) "é diventata una zona molta pericolosa, forse anche perché prima non c'eravamo. E' la zona che io presumo sia percorsa dai talebani che vengono sospinti verso nord dall'azione condotta a sud dai militari americani e inglesi". 

    Secondo il ministro si tratta di una vera e propria "via di fuga", dove i militari italiani hanno ora "una presenza importante" e dunque "il pericolo di conflitti a fuoco è più frequente e evidente". Un pericolo, comunque, che non risparmia nessuna delle aree affidate al controllo italiano. Neppure Herat, il capoluogo della regione ovest e tradizionalmente una delle città più sicure del Paese. Sempre venerdì 16 luglio, infatti, un attentatore suicida ha fatto esplodere l'auto a bordo della quale si trovava, nei pressi dell'ingresso sud della grande base del contingente, mentre passava un mezzo della polizia afgana.

Alberto Chiara
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