09/10/2010
Un gruppo di bambini afghani. L'opera di aiuto alla ricostruzione è una delle "specialità" dei soldati italiani.
Trentaquattro soldati italiani morti dal 2004. Addirittura già 572 soldati stranieri morti dall'inizio del 2010, il che lo rende il più cruento dall'inizio della missione internazionale, già bemn oltre il 2009 quando in dodici mesi erano morti 521 soldati. Dal 2001, in totale, sono caduti 2.142 soldati della missione Onu. In Afghanistan, insomma, la strage continua.
Una strage che sempre più spesso riguarda le nostre truppe. Gli ultimi a cadere sotto il fuoco dei terroristi sono stati il
caporalmaggiore Gianmarco Manca, 32 anni, di Alghero, il
caporalmaggiore Marco Pedone, 23 anni di Gagliano del Capo
(Lecce), Sebastiano Ville, di Francofonte, nel Siracusano,
Francesco Vannozzi, 26 anni, nato a Pisa, caporalmaggiore di
stanza. Il ferito, che non sarebbe in pericolo di vita, e' Luca
Cornacchia, 31 anni, di Pescina (L'Aquila).I quattro morti di ieri, colpiti in un agguato nella provincia di Farah, arrivano a sole tre settimane dall'uccisione del tenente Alessandro Romani, a sua volta caduto solo due mesi dopo il primo maresciallo Mauro Gigli e il caporal maggiore Pierdavide De Cillis. Non è un caso.
Da un lato, è inutile fare giri di parole, la missione internazionale non ha dato i frutti sperati. Nemmeno le recenti offensive decise dal presidente americano Obama sono riuscite a stroncare la resistenza del pericoloso coacervo di narcotrafficanti, signorotti locali, talebani e terroristi che si mimetizza nella popolazione. Ogni gruppo armato persegue i propri interessi ma tutti hanno nel mirino i soldati venuti da lontano per proteggere una democrazia fragilissima, ancora nascente. Dall'altro, il fuoco degli insorgenti si concentra sugli italiani perché la loro opera, com'era già successo in altri teatri di guerra, si rivela concreta e produttiva, anche e soprattutto nel rapporto con la popolazione civile.
Era stato lo stesso generale David Petraeus, comandante in capo delle truppe Usa, l'uomo che nel 2006 seppe imprimere una svolta decisiva in Iraq, a definire "esemplare" il lavoro del Provincial Reconstruction Team (Prt) di Herat, appunto a comando italiano. Petraeus sa bene che anche in Afghanistan, proprio come in Iraq, il segreto del successo non sta nel numero dei nemici uccisi ma in quello dei civili sottratti al ricatto dei terroristi e convinti che una prospettiva esiste, che una speranza è possibile. Le scuole, le strade, i ponti, gli ambulatori, e la capacità di difendere i risultati acquisiti senza perdere un rapporto amichevole con la gente. Ecco la "specialità" dei nostri soldati, ecco la ragione per cui, negli ultimi tempi, sono ancor più nel mirino di prima.
Fulvio Scaglione