Concordia, i rischi per l'ambiente

Gara contro il tempo per recuperare le 2.400 tonnellate di carburante nei serbatoi della Concordia. E a Venezia riesplode la polemica sulle navi da crociera nel bacino di San Marco.

Le operazioni per evitare il disastro da inquinamento

18/01/2012

Nave Concordia: 900 metri di barriere d'altura di cui 300 già posizionati e gli altri in via di allestimento. Con questa cintura lungo tutto il perimetro dell'imbarcazione della Costa Crociere, si sta cercando di prevenire una possibile fuoriuscita di 2.400 tonnellate di carburante, per il momento al sicuro nelle stive. Gli uomini del Servizio anti inquinamento del ministero dell'Ambiente, che stanno operando dal primo giorno sul posto, posizioneranno panne costiere ancorate alle rocce per fare da barriera a un eventuale inquinamento a protezione delle calette vicine alla nave.

In caso di sversamento dell’intero contenuto, la rovina sarebbe otto volte più grave della perdita del portacontainer greco Rena, incagliatosi a ottobre in Nuova Zelanda, che ha ucciso circa 20 mila uccelli marini e inquinato decine di chilometri di costa. E l’Arcipelago Toscano, oltre a essere parco nazionale è parte del Santuario dei Cetacei, area naturale marina protetta di interesse internazionale. Il Consiglio dei ministri dichiarerà probabilmente lo stato di emergenza per l'area interessata.

Oltre al carburante, l’impatto ambientale del naufragio conta anche tonnellate di altre sostanze pericolose come lubrificanti, vernici e sostanze clorurate, nonché gli oggetti degli oltre 4.000 passeggeri, alcuni dei quali delle piccole bombe ecologiche, come le batterie di telefoni e fotocamere. Ora va recuperato il carburante, poi andrà recuperato il relitto. A questa prima fase stanno lavorando i tecnici olandesi della Smit, la società specializzata di Rotterdam che da sabato sono al lavoro sul relitto della Costa Concordia e prevedono almeno due settimane, mare permettendo.

Insiste sull’urgenza l'oceanografo Marco Marcelli, professore di Ecologia marina all’Accademia Navale di Livorno, intervistato da “Marescienza.it”: «Prima si fa e meglio è. Un buon risultato sarebbe riuscire a rimuovere il relitto entro la primavera. Ci sono due ordini di rischi: un primo, relativo al carburante, per il quale è stato predisposto già un piano d’intervento dal ministero dell’Ambiente, il che però non impedirà a una parte degli oli di penetrare nella catena alimentare con le conseguenze che possiamo facilmente immaginare. E poi c’è il danno all’ambiente marino: tanto per fare un esempio, l’ombra prodotta da una nave di quasi 300 metri e 35 ettari ha grande influenza su specie che hanno bisogno di luce».

Secondo uno studio pubblicato da un gruppo di economisti su Nature, la Posidonia oceanica che qui vive è uno dei tre sistemi naturali con maggiore valore al mondo. Vanno valutati i concetti di “sensibilità ambientale” e di uso della zona di mare: balneazione, pesca, turismo. Un conto è dunque la messa in sicurezza, un conto è il danno al sistema per l’impatto sul fondale e la permanenza del relitto”.

a cura di Gabriele Salari
Preferiti
Condividi questo articolo:
Delicious MySpace

I vostri commenti

Commenta

Per poter scrivere un'opinione è necessario effettuare il login

Se non sei registrato clicca qui

tag canale

MODA
Le tendenze, lo stile, gli accessori e tutte le novità
FONDATORI
Le grandi personalità della Chiesa e le loro opere
CARA FAMIGLIA
La vostre testimonianze pubblicate in diretta
I NOSTRI SOLDI
I risparmi, gli investimenti e le notizie per l'economia famigliare

Ultimi dossier pubblicati

%A
Periodici San Paolo S.r.l. Sede legale: Piazza San Paolo,14 - 12051 Alba (CN)
Cod. fisc./P.Iva e iscrizione al Registro Imprese di Cuneo n. 00980500045 Capitale sociale € 5.164.569,00 i.v.
Copyright © 2012 Periodici San Paolo S.r.l. - Tutti i diritti riservati