Federica Pellegrini: io, fragile vincente

Il legame con la famiglia e la nostalgia per un “maestro” scomparso. Alla vigilia degli Europei di Budapest, la grinta e i sogni di “Fede” .

03/08/2010

Verona. Rotolini di pancia sguazzano, cercando refrigerio tra il cemento. Un aspirante squalo, due o tre anni a occhio, si tuffa armato di ciambella arancione. Sparuti ombrelloni bianchi offrono un inutile palliativo ai 40 gradi del pomeriggio. Insomma: piscina, fin troppo qualunque. Se non fosse che nelle corsie centrali nuota, mimetizzato e indisturbato, il meglio del mondo. Qui ci aspetta, nuotando, Federica Pellegrini. Gli altri sono Luca Marin (fidanzato con Federica), Emiliano Brembilla e Filippo Magnini. Nessuno sembra far caso ai campioni.

    Sono le 18 quando Fede esce dall’acqua, si toglie la cuffia, avvolge un asciugamano con il leone attorno al costume azzurro con gli aeroplanini e viene a parlare sedendosi sui gradini. Invidia tremenda, per come nuota e per l’acqua addosso.

    Il 4 agosto partono i Campionati europei a Budapest, si comincia con i tuffi si prosegue con il nuoto. Sono i primi per Federica, senza Alberto Castagnetti, l’allenatore, scomparso lo scorso ottobre. Tanto vale partire da qui, dalla cosa difficile.

Federica, agli Europei farai anche gli 800 stile libero. Erano il sogno di Castagnetti, o sbaglio?
«Erano il suo pallino, ho resistito per due anni, però da quest’anno avrei dovuto farli».

Chi ti butta in acqua oggi, quando ti senti vuota?
«Stefano Morini. Ha un carattere molto diverso da Castagnetti, ma mi trovo benissimo. È stato molto coraggioso, non era facile prendere quel posto. Puoi arrivare ad altissimi livelli, ma non potrai mai fare a meno di un allenatore ».

Quanto c’è di Alberto qui, oggi?
«Tutto. Ci sarà sempre. L’anima è immortale, no? Per questo siamo rimasti. Mollare sarebbe stato come ucciderlo di nuovo».

Quanto conta stare vicini alla famiglia?
«Moltissimo. La famiglia è lamia unica certezza. Ne avevo bisogno, dopo i due anni duri di Milano».

Mai temuto che tutto finisse?
«Sì, dopo la morte di Alberto. Vivevamo in simbiosi; se ne va uno, l’altro si sente perso. Poi ha prevalso la passione. Lui avrebbe voluto così, è stato un secondo papà per me».

Di persona non sembri affatto la donna altera che dicono sia Federica Pellegrini. È un’impressione?
«No, anzi. Credo che ultimamente la parte fragile dime sia venuta fuori: sono una ragazza di 21 anni che fa quello che ama con determinazione, ma che ha anche i dubbi di tutti a questa età».

Ci sono due Pellegrini?
«C’erano, ora l’equilibrio è più solido».

Con la popolarità che rapporto hai?
«Normalmente non è un peso. Solo quando sono arrabbiata e vorrei farmi una passeggiata in centro da sola diventa difficile. Sono molto timida, se in quei momenti mi sento osservata mi chiudo, vedi gli occhi che ti cercano e vorresti sparire».

Hai affidato a due libri storie private: i trascorsi rapporti difficili con il cibo e con l’immagine, gli attacchi d’ansia. Un modo di sfogarsi o di essere utile a qualcuno?
«Scrivere le cose te le fa buttare fuori, allevia il peso e poi credo che se una ragazzina capisce che ho avuto problemi simili ai suoi magari prende fiducia e si fa aiutare a uscirne».

Tu come sei uscita?
«Chiedendo aiuto, serve un occhio esterno perché la tua mente è prigioniera dei pensieri negativi e non riesci a darti un consiglio razionale ».

A 21 anni hai vinto e vissuto tanto, hai mai paura che quello che verrà dopo sembrerà piccolo in confronto a tutto questo?
«Vivo fuori dalla mondanità. Non credo che avrò problemi».

Che cosa ti piace davvero del nuoto?
«L’elemento acqua. È un’esperienza introspettiva; là dentro sei sola con i tuoi pensieri. Non in mare però: mi fa paura l’acqua alta, il blu profondo. Devo vedere il fondo. E ti pareva? Ecco un’altra che ride».

Sei perfezionista, da dove viene questo carattere?
«Dall’educazione rigorosa avuta da mio padre e poi dal nuoto che è disciplina».

Mai voglia di trasgredire?
«Non sono un angioletto (ride), se ho voglia di andare una volta a ballare ci vado. Mi sento libera, voglio esserlo».

La libertà si conquista. Hai un rapporto intenso con la mamma, com’è cambiato crescendo? «In meglio: da adolescente fatichi a parlare con i genitori, pensi che non ti possano capire. Diventa bellissimo dopo, quando realizzi che i consigli non sono critiche ma un atto d’amore».

Quali sono le persone cui devi di più?
«La famiglia, Alberto e Giovanni Malagò che mi ha preso in squadra quando tutti mi credevano finita».

Come hai capito che Alberto sarebbe stata la persona giusta?

«A pelle e per una sfida: lui non credeva tanto alle donne nel nuoto. Ho capito che dovevo fargli cambiare idea».

Quando arriva la percezione di essere davvero il migliore?
«Non lo penso mai, cerco di sminuirmi, mi imbarazza parlarne».

Difficile partire da favoriti in gara?
«Sì, solo la favorita perde davvero».

Come ti immagini tra dieci anni?
«Spero mamma. Non subito però. Ci sono ancora due o tre cosette che devo fare nel nuoto».

Elisa Chiari
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