15/09/2010
Francis Campbell, ambasciatore britannico presso la Santa Sede.
«Il Papa? Per noi è una grande personalità
che ha sempre un punto di vista
interessante da proporre e da discutere
». Francis Campbell è l’ambasciatore
presso la Santa Sede del Regno
Unito, dove i cattolici sono circa il 9 per cento
dei sudditi. Ragiona di Joseph Ratzinger,
l’intellettuale, e di Benedetto XVI, il Papa
della Chiesa di Roma, nella sua residenza romana
in cima a Palazzo Pallavicini, di fronte
al Quirinale.
La Corona britannica inviò il suo primo
ambasciatore residente all’estero proprio a
Roma dal Pontefice. Era il 1479, prima dell’Atto
di supremazia di Enrico VIII, inizio della
scissione da Roma. E Francis Campbell, irlandese
del Nord e cattolico, sente il peso di
questa storia, soprattutto ora che Benedetto
XVI ha accettato l’invito della regina e va a
Londra, primo Papa nella storia a compiere
una visita di Stato (da giovedì 16 a domenica
19 settembre) e non “pastorale”, come fu
quella di Giovanni Paolo II nel 1982.
Ambasciatore Campbell, chi è il Papa per
il popolo britannico?
«Una persona tra le più affascinanti e degne
d’attenzione in Occidente».
Molti dicono che l’Occidente nel futuro sarà
senza fede...
«È un rischio. Ma Benedetto XVI insiste sulla
minoranza creativa per il rinnovamento
della società in Europa e per sollecitare la
funzione della Chiesa nel mondo».
Cosa vi ha sorpreso di Joseph Ratzinger?
«La stampa britannica è rimasta molto colpita
dal discorso agli intellettuali francesi
nella straordinaria cornice del collegio dei
Bernardini a Parigi, e dagli altri suoi discorsi
in Francia nei quali ha parlato con efficacia
della distinzione tra Stato e Chiesa e della relazione
tra fede e ragione. È il teologo Ratzinger
che ci stupisce, anche perché conosce la
Chiesa anglicana molto bene».
Ora viene a Londra: lo accoglierete come
Papa o come intellettuale?
«Innanzitutto come Papa della Chiesa romana.
Poi la curiosità è per l’intellettuale.
Ma sulla stampa britannica traspare un interesse
alla vigilia del viaggio anche per le posizioni
della Chiesa cattolica sulla vita, l’economia,
lo sviluppo dei popoli, la pace».
Nulla da discutere quindi?
«No, al contrario. Alla City si èmolto ragionato
sull’enciclica Caritas in veritate e la
preoccupazione del Papa per le questioni circa
la finanza e le banche».
Quanto pesa la religione in Gran Bretagna?
«Forse, meglio dire quanto contano le religioni.
Il Regno Unito è una nazione con una forte eredità e tradizione cristiana, che è al
cuore del nostro ordine costituzionale, ma
nella Gran Bretagna moderna ci sono anche
l’islam, l’induismo, i sik. Nella nostra storia
direi che la diversità è diventata la normalità
e il dialogo una pratica quotidiana».
Come giudica gli attacchi a Ratzinger sulla
questione degli abusi sessuali?
«Ingiusti. Il cardinale Ratzinger dal 2001 si
è assunto la responsabilità di trovare una soluzione
giusta, ha chiesto di sapere tutto e rapidamente.
Ha riconosciuto che la situazione
era molto seria e grave. E necessitava una risposta
che prevedesse da una parte tolleranza
zero e dall’altra giustizia per ogni vittima.
È vero che la Chiesa cattolica, come altre istituzioni
nella società che hanno già vissuto
questo problema, è stata spesso lenta a cogliere
la piena gravità della situazione.Ma va
detto onestamente che il cardinale Ratzinger
è stato uno dei primi a mettere in moto la
macchina per affrontare la questione».
Come sono attualmente i rapporti tra Londra
e la Santa Sede?
«Negli ultimi sei anni per cinque volte un
premier britannico è venuto in visita in Vaticano.
Nei precedenti trent’anni solo una visita:
la signora Thatcher nel 1980».
Ma cos’è per voi la Santa Sede?
«Ottima domanda. Potrebbe essere vista
come un piccolo Stato di 44 ettari in Europa,
oppure uno Stato globale. Noi abbiamo cambiato
via via il nostro punto di vista verso il
Vaticano. Oggi, nel mio Paese non si parla
più solamente di rapporti bilaterali, ma abbiamo
una relazionemultilaterale con la Santa
Sede. Stiamo parlando di una comunità di
più di un miliardo di cattolici nel mondo».
Ragionamento solo diplomatico?
«No. Senza la Chiesa cattolica il mondo sarebbe
moralmente più povero. La Chiesa per
noi è un’istituzione che può aiutare a migliorare
il mondo. Qualche tempo fa, mi trovai a
discutere al nostro ministero degli Esteri circa
i valori comuni che abbiamo con la Santa
Sede. La conclusione fu che il Papa è uno dei
più importanti opinion maker. Poi c’è un secondo
punto: la Santa Sede è l’organizzazione
più antica del mondo e una delle più attrezzate
sui temi della giustizia, del disarmo
e dello sviluppo internazionale. La Chiesa cattolica
viene al secondo posto dopo l’Onu per
il suo contributo allo sviluppo internazionale.
La decisione della messa al bando delle
bombe a grappolo, per esempio, è stato un
successo della diplomazia vaticana».
Però, su alcune questioni, per esempio la
vita o la funzione del preservativo, anche
voi avete opposto critiche...
«È vero, ci sono differenze tra ilmio Governo
e la Santa Sede su alcuni mezzi di prevenzione
di diffusione dell’Aids. Ma mentre non
siamo d’accordo per esempio sull’uso del preservativo,
siamo assolutamente d’accordo
sull’obiettivo finale, cioè lo sradicamento
della malattia. Concordiamo con la necessità
di aumentare progressivamente la cura per
coloro che sono affetti da Aids attraverso
l’uso dei più recenti farmaci antiretrovirali,
sulla necessità di fermare la discriminazione
verso i malati di Aids e coloro che ne presentano
i sintomi. Inoltre, apprezziamomoltissimo
il network dei ricoveri cattolici nel mondo per malati di Aids, specie nell’Africa subsahariana,
dove rappresentano più del 25
per cento dei possibili casi di ricovero».
Una delle preoccupazioni maggiori del Vaticano
è la situazione in Medio Oriente.
Tony Blair, ex primo ministro britannico, è
inviato inMedio Oriente. C’è una visione comune
dei problemi?
«Assolutamente sì. Per noi è fondamentale
sostenere il pluralismo in Medio Oriente. Siamo
d’accordo con la necessità di una soluzione
a due Stati per la situazione israelo-palestinese;
sicurezza per Israele con uno Stato vitale
per i palestinesi. In questo senso i negoziati
avviati in queste settimane a Washington
dal presidente americano Obama offrono
molte speranze».
Il Papa viene a Londra anche per beatificare
il cardinale Newman, anglicano convertito.
È un problema per gli inglesi?
«No. Newman può essere il punto di unità
per anglicani e cattolici. Molto del suo lavoro
pionieristico è stato scritto quando lui era ancora
un anglicano. Il suo lavoro è incentrato
su tre aspetti: il ruolo della coscienza e i diritti
della coscienza, la relazione tra fede e ragione
in un mondo postilluminista, e il giusto
ruolo dell’università. Si tratta di argomenti
fondamentali per tutti».
Ma Newman oggi com’è visto in Gran Bretagna:
solo un cattolico convertito o anche
un intellettuale inglese?
«È visto in entrambi i sensi. È stato un intellettuale
dalle molte dimensioni, teologo
anglicano e poi teologo cattolico, e figura
pubblica di rilievo del tempo vittoriano».
Quindi, la beatificazione servirà per farlo
riscoprire anche agli inglesi?
«Penso di sì. Newman è un grande intellettuale
inglese, appartiene alla storia del mio
Paese e alla storia dell’Europa. Benedetto
XVI lo ha sempre ammirato, per la fede ragionevole
che ha predicato per tutta la vita, da
anglicano e da cattolico. A Birmingham avverrà
l’incontro tra due grandi intellettuali».
Alberto Bobbio