22/11/2011
La folla in piazza Tahrir, al Cairo.
Asia News, l’agenzia del Pime (Pontificio istituto missioni
estere), nelle cronache dall’Egitto ci racconta che nella piazza Tahrir, cuore
del Cairo, occupata da quasi mezzo milione di persone, si leva il canto “Musulmani
e cristiani una sola cosa”. Dalla piazza sono stati espulsi sia i salafiti sia i militanti dell’altro movimento islamico radicale, i Fratelli Musulmani.
Ancora Asia News intervista padre Rafik Greiche, portavoce
della Chiesa cattolica, che dice: “Gli egiziani sono stanchi del regime dei militari ma anche dei Fratelli Musulmani, che continuano a interferire nella vita
politica del Paese per imporre la loro ideologia religiosa. I giovani egiziani
rifiutano ogni estremismo e si sono raccolti nella piazza per dire che c’è un
unico popolo egiziano che comprende musulmani e cristiani”.
Lo stesso padre
Greiche riconosce che anche i cattolici sono coinvolti nelle proteste e
addirittura portano cibo, acqua e medicine alle persone che occupano piazza
Tahrir.
La domanda allora è: quando l’Occidente comincerà a capire
che cosa succede davvero nei Paesi arabi? Quando si renderà conto che la
Primavera araba non è un fuoco di paglia e nemmeno un mero travestimento dell’estremismo
islamico che, al contrario, viene tenuto a bada e respinto dai giovani che
chiedono più democrazia?
Quello a cui stiamo assistendo è un errore che può essere
rovinoso proprio per l’Occidente e soprattutto per l’Europa, affacciata su un
Mediterraneo mai così investito dal vento del cambiamento.
Famiglia Cristiana e
famigliacristiana.it sono sempre state in prima linea nell’opporsi alla
persecuzione dei cristiani, dalla Nigeria al Pakistan, dall’Afghanistan alle
Filippine. Ma sorprende, a dir poco, il silenzio (incomprensibile) che
accompagna le repressioni in Siria e in Egitto dopo lo sdegno (doveroso) che si
è sollevato quando, per esempio in Egitto, i cristiani sono caduti per opera
degli stessi militari che ora agiscono contro piazza Tahrir.
Come se alla morte dei cristiani fosse riconosciuto valore
solo nella fattispecie del martirio religioso, e che molto meno valore sia
invece riconosciuto al martirio del cristiano ucciso per la democrazia.
Eppure
due cose non sono difficili da capire. La prima è questa: in Egitto, come in
Siria, i cristiani sono il 10% della popolazione. Se tra Alessandria e il Cairo
in tre giorni sono state uccise 40 persone, è probabile che almeno 4 fossero
cristiani. Se oggi in Siria sono state uccise altre 30 persone (tra le quali diversi bambini), almeno 3 erano
cristiane. Se il dittatore siriano Assad ha fatto massacrare 500 persone in
pochi mesi, almeno 50 erano cristiane. Molti, molti più cristiani di quanti ne
siano morti per qualunque altra causa negli stessi Paesi.
La seconda realtà è questa: il vero rispetto dei diritti
delle minoranze, in Medio Oriente come altrove, passa per la conquista della
democrazia. O, almeno, di più democrazia. Altra strada non c’è. Dunque chi ha
davvero a cuore la sorte dei cristiani perseguitati dovrebbe aiutarli in questa
lotta, non agitare inutilmente il fantasma di un estremismo islamico che invece,
proprio grazie a movimenti come quello di piazza Tahrir, non è mai stato così
in difficoltà e così lontano dalle emozioni e dai desideri delle popolazioni.
Fulvio Scaglione