23/11/2011
Duri interventi repressivi della polizia e dell'esercito egiziani nel cuore della capitale. Foto: Ahmed Ali /AP
Amnesty vigila. Documenta. E scrive. Cacciati i dittatori (prima il tunisino Ben Ali, poi l'egiziano Mubarak, quindi il libico Gheddafi) il Nord Africa cerca faticosamente di costruire un futuro fondato sul rispetto dei diritti umani e sui principi della democrazia. Il cammino non è facile e lo dimostra la situazione drammatica dell'Egitto, dove è evidente la delusione e la frustrazione dei giovani protagonisti della protesta di Piazza Tahrir.
La delusione è sfociata in questi giorni in nuove proteste e scontri con l'esercito. Dopo le speranze della primavera, ecco il gelo dell'autunno: 40 morti e centinaia di feriti. Che quella egiziana sia una rivoluzione mancata lo denuncia con forza Amnesty International, che in questi mesi sta seguendo con scrupolosa attenzione gli ecventi affinché la caduta dei regimi nordafricani venga davvero accompagnata da un processo democratico nel quale non ci siano, anche da parte dei vincitori, violazioni dei diritti umani. Il titolo del Rapporto di Amnesty parla chiaro: “Promesse mancate: l'erosione dei diritti umani da parte dei militari al potere”. Ancora più esplicito il contenuto, lì dove si dice che “attraverso l'uso delle corti marziali per processare migliaia di civili, la repressione delle proteste pacifiche e l'estensione dello stato d'emergenza in vigore dall'epoca di Mubarak, il Consiglio supremo delle forze armate ha perpetuato la tradizione di governo repressivo da cui i manifestanti del 25 gennaio avevano lottato così duramente per liberarsi”.
Per Philip Luther, direttore ad interim di Amnesty International per il Medio Oriente e l'Africa del Nord , “gli scopi e le aspirazioni della rivoluzione del 25 gennaio sono stati fatti a pezzi”. Le violazioni denunciate da Amnesty sono molteplici: repressione del dissenso, uso delle armi da fuoco e dei blindati contro i manifestanti, arresti arbitrari, torture nelle carceri, intimidazioni nei confronti di giornalisti e blogger indipendenti, sgomberi forzati. La conclusione del Rapporto è che “le forze armate egiziane non possono continuare a usare la sicurezza come una scusa per mantenere in vigore le stesse pratiche usate sotto la presidenza Mubarak”.
Combattenti del Consiglio nazionale di transizione libico nei pressi di Sirte. Foto: Bela Szandelszky/Ap.
Il 13 settembre 2011 sotto esame era finita la Libia. Il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) deve prendere il controllo dei gruppi armati anti-Gheddafi in modo da porre fine alle azioni di rappresaglia e agli arresti arbitrari, aveva dichiarato Amnesty International diffondendo un lungo rapporto sulle violazioni dei diritti umani durante il conflitto.
Il dossier, lungo 107 pagine, intitolato "La battaglia per la Libia: uccisioni, sparizioni e torture", denunciava gravissime violazioni del diritto umanitario internazionale commesse su vasta scala dalle forze pro-Gheddafi durante la guerra civile, ma accusava anche le truppe del Cnt di aver violato i diritti umani arrivando a compiere, in taluni casi, puntigliosamente elencati, veri e propri come crimini di guerra.
Roberto Zichittella