21/06/2012
Un operaio legge un volantino distribuito dalle mogli dei cassaintegrati della Fiat di Pomigliano. Le donne hanno organizzato un volantinaggio davanti ai cancelli dello stabilimento per una "mobilitazione in massa" che difenda il lavoro dei loro mariti (Ansa).
«Questa sentenza non fa che riaffermare un principio della legge italiana: l'iscrizione a un sindacato non può essere un criterio di selezione al momento dell'assunzione». È il primo commento a caldo di Giorgio Airaudo della segreteria generale della Fiom-Cgil alla decisione del Tribunale di Roma che ha condannato la Fiat per discriminazioni contro la Fiom a Pomigliano: 145 lavoratori con la tessera del sindacato di Maurizio Landini dovranno essere assunti nella fabbrica. Alla data della costituzione in giudizio, circa un mese fa, su 2.093
assunti da Fabbrica Italia Pomigliano, la nuova azienda (newco) sorta sulle ceneri del vecchio stabilimento “Gianbattista Vico”, nessuno risultava iscritto alla
Fiom.
In base a una simulazione
statistica affidata a un professore di Birmingham, le possibilità che ciò
accadesse casualmente risultavano meno di una su dieci milioni.
Giorgio Airaudo, della segreteria generale della Fiom-Cgil.
La sigla sindacale ha fatto causa alla Fiat sulla
base di una normativa specifica del 2003 che recepisce direttive
europee sulle discriminazione. Il segretario generale della Fiom,
Maurizio Landini, ha agito per conto di tutti i 382 iscritti alla sua
organizzazione (nel frattempo il numero è sceso a 207) e a questa cifra
fa riferimento il giudice ordinando all'azienda di assumere 145
lavoratori con la tessera dei metalmeccanici Cgil. 19 lavoratori hanno
deciso di sottoscrivere individualmente la causa e hanno ottenuto, oltre
all'assunzione, anche 3.000 euro di risarcimento del danno.
«Siamo sempre stati fiduciosi dell'operato della magistratura», aggiunge
Airaudo, «come dimostra anche un'altra recente sentenza del Tribunale
di Torino che il 7 maggio 2012 ha condannato 13
società del Gruppo FIAT e FIAT Industrial per comportamento
antisindacale consistente nell'aver rifiutato di dare corso alle
trattenute sindacali a favore della Fiom di Torino richieste dalle
lavoratrici e dai lavoratori iscritti al nostro sindacato a partire da
gennaio
2012. È ora che il Lingotto la smetta con la politica delle minacce
miranti a dividere i lavoratori e riprenda il suo vero lavoro:
progettare e vendere auto che siano competitive sul mercato».
Sergio Marchionne e John Elkann durante la Festa della Polizia al Teatro Regio di Torino (Ansa).
Il timore è che questa sentenza possa essere un ulteriore incentivo per
il gruppo torinese a spostare il proprio baricentro fuori dall'Italia.
«Marchionne è da tempo che cerca pretesti per non onorare gli impegni
presi. Dei 20 miliardi di euro di investimenti previsti dal piano
Fabbrica Italia finora se ne sono visti solo due e nessuno ormai crede
più che il 2012 si chiuderà con 1 milione e 600 mila auto Fiat vendute.
Quando accadrà, non si potrà più dire che la colpa è sempre e solo dei
lavoratori che non sono abbastanza produttivi».
La palla, secondo il sindacalista, a questo punto dovrebbe passare alla
politica, «che in questi anni è stata prona agli interessi della Fiat,
lasciando soli i lavoratori. Il Lingotto vuole andarsene dall'Italia?
Nessuno glielo impedisce. Ma almeno si abbia il coraggio di dire la
verità fino in fondo. Ci vorrebbero ministri dalla schiena dritta, come
Giacomo Brodolini e Carlo Donat Cattin, che da un lato ricordino quanto
l'Italia ha dato alla Fiat e quindi la esortino a rispettare gli impegni
presi in termini di occupazione, e dall'altro cerchino di attirare
nuovi investitori. Da noi ci sono manager, progettisti e operai di
altissimo livello, come dimostra il fatto che buona parte del management
Wolkswagen si è formata in Italia».
Più cauto il commento sulla sentenza del Tribunale di Roma e sulle
conseguenze che potrà avere Claudio Chiarle, della Fim-Cisl: «Rispetto
la sentenza e non credo che possa avere ripercussioni sugli accordi che
noi abbiamo firmato con il Lingotto. Se lo stabilimento di Pomigliano
ancora non si sta esprimendo secondo le sue potenzialità, è colpa della
crisi del settore. Per il resto, sugli accordi si stanno sostanzialmente
rispettando i tempi previsti. Ci preoccupa solo il caso di Mirafiori
dove i lavori per le nuove linee produttive sono sospesi.
Per rispettare
gli impegni, bisogna cominciare prima dell'estate». Di sicuro c'è che
lo stesso Marchionne pochi giorni fa ha annunciato un taglio di 500
milioni di euro di investimenti previsti per l'Europa quest'anno. Sulla
sentenza di Roma, invece, al momento di andare on-line, il Lingotto fa
sapere «che è nostro interesse esprimere quanto prima una valutazione,
ma prima dobbiamo aspettare che i nostri legali leggano attentamente il
testo dei giudici».
Eugenio Arcidiacono