Haiti, lo spettro del colera

Il morbo, scoppiato nel Nord del Paese, rischia di travolgere la capitale Port au Prince. Il servizio del nostro inviato Francesco Anfossi.

23/10/2010
La dottoressa Brooke Trenton, pediatra a Haiti.
La dottoressa Brooke Trenton, pediatra a Haiti.

Dopo fame, povertà, inondazioni e terremoto, Haiti attende rassegnata l'ennesimo flagello: il colera. Un'epidemia di dissenteria acuta ha colpito il Nord del Paese, nelle tendopoli della zona di Artibonite, tra le città di Saint Marc e Mirabelais. Le autorita' sanitarie haitiane confermano il contagio ma non danno cifre esatte. Per Mediciens sans frontiers, i primi a intervenire nell'area e dare notizia del contagio, ci sono almeno 200 morti e 2.000 feriti. Ma la grande paura è che il colera esploda a Port au Prince, la capitale del Paese già messa in ginocchio dal terremoto del 12 gennaio scorso.

     Su quattro milioni di abitanti, oltre un milione e mezzo vive nelle gigantesche tendopoli sorte ovunque, dove il contagio si diffonderebbe con la stessa rapidità di una peste medievale. "L'epidemia puo' arrivare a Port au Prince da un momento all'altro", ci dice la dottoressa americana Brooke Trenton, pediatra del dispensario di Saint Charles, a Port au Prince, reduce da un meeting tra operatori sanitari che si è tenuto la mattina di sabato nella sede della Croce Rossa. "Le tendopoli sono ad altissimo potenziale di contagio, le condizioni igieniche là dentro sono spaventose, cosi come le condizioni di vita e l'affollamento disumano".

     Per il momento il ministero della Sanità e la Croce Rossa hanno dato istruzioni piuttosto blande per fermare il male che viene dal Nord del Paese. Nessun cordone sanitario è previsto, solo alcuni test a campione tra la moltitudine di uomini, donne e bambini che da Artibonite raggiunge la capitale, e un sms a tutti i possessori di telefonini cellulari di Port au Prince. Una gigantesca operazione organizzata con i gestori locali e totalmente a carico della Croce Rossa. Msf ha diffuso alla rete di operatori (in città sono presenti 10 mila Ong) istruzioni per mettersi in contatto e un protocollo medico di intervento. Nell'sms si raccomanda di bere acqua pulita, lavarsi frequentemente le mani e mettersi in contatto con un presidio sanitario in caso di diarrea e vomito.

     Raccomandazioni che nelle tent cities (le tendopoli) sono praticamente impossibili da adottare. Qui solo il 30% degli abitanti ha accesso all'acqua. Ma non c'è nient'altro. Nessuno si illude di poter fermare questa nuova peste, sparita da un secolo, con un sms.  Port au Prince, l'immensa capitale mondiale dei diseredati, aspetta rassegnata la nuova tragedia.

Francesco Anfossi
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