29/09/2010
Angustiati per l’Italia. Il cardinale Angelo
Bagnasco, presidente dei vescovi italiani,
lo ripete due volte nella prolusione
al Consiglio permanente della Cei. E il suo
è un grido di dolore che scuote il Paese sull’orlo
di un autunno in cui molte questioni
aperte in politica e in economia dovranno
essere affrontate. Parla di «acuta pena» e di
«grande sconcerto» di fronte a vicende «personali
che, diventando pubbliche» si trasformano
in «conflitti apparentemente insanabili» e
«pretesti» per bloccare il Paese, quasi che non
ci fossero «altre preoccupazioni.
Ecco perché Bagnasco ripete: «Siamo angustiati
per l’Italia». E spiega il perché: «A momenti
sembriamo appassionarci al disconoscimento
reciproco, alla denigrazione vicendevole,
e a quella divisione astiosa che agli osservatori
appare l’anticamera dell’implosione
». Insomma, si declassano i problemi reali
e le urgenze obiettive del Paese, si indugia
«con gli occhi tra le macerie», si cercano «finti
trofei» solo per riprendere «quanto prima la
guerriglia, piuttosto che allungare lo sguardo
in avanti» sul “bene comune”.
L’analisi è puntuale e molto preoccupata.
Tuttavia, i vescovi avvertono che «cambiare
si può». Ma bisogna lavorare meglio. Per
esempio sulle riforme: «Da decenni se ne parla,
ma quando verranno varate?». Alla domanda
del cardinale, per ora non c’è risposta.
Eppure, lui dice: «Bisogna far presto».
Ma bisogna anche cambiare vita e moralità.
A un certo punto della sua prolusione, il
cardinale Bagnasco rileva che non si fa nulla
di bene se, per esempio, «si eludono con malizia
i sistemi di controllo», se «non si pagano
le tasse», se «si disprezza il merito», se «non si
accoglie integralmente la vita».
I cattolici possono fare di più. Bagnasco è
da mesi che lo ripete. E, anche questa volta, dice
che «l’Italia ha bisogno di una leva di italiani
e di cattolici» in politica. E conferma la «stima
» e «l’incoraggiamento dei vescovi per
chi si batte con abnegazione in politica» e
per chi decide di buttarsi «nell’agone» e investire
il proprio «patrimonio di credibilità
per rendere più credibile tutta la politica».
È il cuore di un messaggio che i cattolici italiani
devono, a questo punto, recepire. I vescovi
vi insistono da tempo. Le Settimane sociali
dei cattolici a Reggio Calabria (14-17 ottobre)
potrebbero essere un’occasione non
più per un nuovo appello, ma per scelte davvero
concrete.
È ora, insomma, di dare vigore a quello
che don Luigi Sturzo in altri tempi,ma altrettanto
pieni di angustie, chiamò “L’appello ai
liberi e forti”. L’Italia, oggi, ha bisogno di “liberi
e forti”. I cattolici sapranno raccogliere
il grido di dolore dei loro vescovi?