07/09/2010
Dopo un’estate torrida e una politica al
calor bianco (ammesso che possa dirsi
“politica” l’indecente spettacolo cui abbiamo
assistito), il Parlamento riapre i battenti.
Con la speranza che, lasciati alle spalle
insulti, ricatti e campagne di stampa velenose,
la politica affronti (prima che sia troppo
tardi) le vere emergenze del Paese. Che riguardano
le famiglie in difficoltà e un’economia
in affanno, come ha ricordato il presidente
della Repubblica.
Già all’inizio dell’estate, Napolitano aveva
lanciato un appello: «Dobbiamo guardare al
futuro, e ciò significa guardare alla condizione
dei giovani, e alle troppe debolezze e
strozzature del nostro sistema economico
e civile, che occorre superare per garantire ai
giovani un futuro sostenibile». Ma l’appello,
come altri richiami, è caduto nel vuoto.
In un anno la crisi ha cancellato 172 mila
posti di lavoro. A esserne colpiti, in particolare,
sono le nuove generazioni, visto che un
giovane su quattro resta senza lavoro. Per
l’occupazione femminile peggio di noi sta solo
la Turchia. Né se la passanomeglio i nostri
pensionati: il 21,4 per cento di loro (dati del
ministero dell’Economia) sbarca il lunario
con meno di 500 euro al mese.
Anche l’Istat snocciola numeri da brividi:
il 15 per cento delle famiglie fatica ad arrivare
a fine mese; il 17 per cento non ha denaro
per acquistare i vestiti; l’11 per cento non ha
soldi per le medicine e il 5 per cento non li
ha per comprare il cibo. Ciò nonostante, la famiglia
è il miglior “ammortizzatore sociale”
del Paese. Essa si fa carico di 2 milioni di “giovani
fantasma” (dai 16 ai 29 anni), che non
studiano né lavorano. E lo stesso fa per 2 milioni
e 600 mila disabili.
Il presidente dell’Istat, Enrico Giovannini,
vede un futuro nero: «Con l’invecchiamento
della popolazione, la funzione di ammortizzatore
sociale delle famiglie verrà sempre
meno. Il modello di welfare non può reggere
a medio termine: le famiglie non riusciranno
neppure a farsi carico dei tanti anziani
che vivono sempre più a lungo».
Sono problemi noti a tutti. Anche a chi ci
governa. Erano pure scritti nei programmi
elettorali. Si prometteva una «graduale e progressiva
introduzione del “quoziente familiare”
». Così come l’attuazione di «un piano
straordinario per le persone non autosufficienti». Promesse non solo disattese, ma volutamente
ignorate anche dai nostri principali
Tg. Che parlano di “epocale riforma” della
scuola (che nessuno ha visto se non per gli
epocali tagli), e ignorano quindici milioni e
oltre di persone che, nel 2009, hanno ridotto
i consumi di prima necessità, come pane
e zucchero. Nessun titolo di testa nei notiziari.
Sistematica disinformazione.
Mentre il governatore del Piemonte si impegna
a regalare pannolini ai suoi piccoli concittadini,
alle famiglie italiane restano i “pannicelli
caldi” di tante promesse mancate.