22/05/2011
La Spagna è andata alle elezioni regionali (che hanno severamente punito il governo Zapatero) mentre i giovani riempivano le piazze al grido di “indignazione”. Anche sabato sera decine di migliaia di manifestanti hanno nuovamente invaso le vie e le piazze della Spagna. A Madrid, una folla immensa si è radunata sulla Puerta del Sol, dove l’accampamento di tende, in mezzo a un mare di cartelli e striscioni, degli Indignados è diventato il cuore della protesta. Una protesta "dolce", pacata, civile, ma ostinata, organizzata attraverso i social networks, i tam tam sociali dell'era postmoderna, che permettono convocazioni e manifestazioni in poche ore e in qualsiasi luogo.
In questo clima tutti i comuni di Spagna sono stati chiamati a scegliere i consigli comunali e tredici delle diciassette regioni autonome i Parlamenti. Catalogna, Paesi Baschi, Galizia e Andalusia voteranno in date diverse. Ma chi sono gli Indignados? Si tratta di un movimento spontaneo, formato prevalentemente (ma non esclusivamente) dalle giovani generazioni. Denuncia una situazione economica senza prospettive (in Spagna la disoccupazione supera il 20%, il 44% tra gli under 25). Gli Indignados chiedono maggiore rappresentanza nelle decisioni della politica nazionale, giudicata troppo sclerotizzata, attraverso l'utilizzo di referendum popolari a cui sottoporre le leggi più importanti, e un decentramento del potere centrale.
Contestano anche la monarchia, di cui si chiede l'abolizione. Ma è soprattutto il tema del lavoro che sta a cuore al movimento. Gli Indignados infatti vorrebbero una forte risposta per fronteggiare precarietà salariale e sfruttamento degli stagisti e chiedono l'istituzione di un salario minimo (1.200 euro netti al mese). Il movimento sollecita un pacchetto di riforme fiscali, l'applicazione dell'Iva come imposta progressiva, l'imposizione della Tobin tax e la nazionalizzazione delle banche salvate dagli interventi dello Stato dal fallimento.
Altre rivendicazioni degli Indignados, la riduzione delle spese militari, la chiusura di tutte le fabbriche di armi e delle centrali nucleari. Rivendicano la loro natura pacifica. E almeno fino a questo momento così è stato. Una sorta di Sessantotto “dolce”, in chiave postmoderna.
Inevitabile il richiamo alle rivolte che hanno preso piede del Maghreb. Dificile anche dire se il contagio si diffonderà in Europa e naturalmente in Italia e in Francia, dove la disoccupazione giovanile, il propellente di questa protesta, è altissima.
Francesco Anfossi