12/11/2010
Sembra una vertenza complessa, ma è possibile riassumerla in due battute. Dice Mauro Masi a Fazio e Saviano: toglietevi dalla testa l’idea di poter invitare Fini e Bersani. Rispondono i due, più il direttore di rete Ruffini e il capostruttura Mazzetti: tu sarai anche il direttore generale, ma noi facciamo quel che ci pare. A lume di naso, visto il momento e visti più ancora i precedenti, è probabile che così andrà a finire.
E’ vero che Masi, specialista in battaglie perse, ha proposto in seconda battuta di invitare a “Vieni via con me” anche Berlusconi, Bossi, Casini e chissà quanti altri iscritti alla par condicio. Ma, per limitarci ai nomi di punta, figuriamoci se Berlusconi andrà a farsi triturare da Raitre, calandosi oltre tutto al medesimo livello degli avversari. Idem per Bossi, anche a parte i suoi problemi fisici.
Non sembra in definitiva questa la strada per sanare il conflitto e ristabilire in Rai un minimo di gerarchie. Nè ha molto senso discettare sulla natura culturale o spettacolare della rubrica, sui diritti e doveri che ne conseguono, sui commi e controcommi delle clausole aziendali. E’ tutta materia per quei giuristi, legali, avvocaticchi, legulei e mozzorecchi che da noi abbondano, tutti maestri nell’aggrovigliare qualunque matassa.
Aspettiamoci dunque, salvo sorprese, che Fini e Bersani tengano da Fazio la loro lezione civica, fingendo che non si tratti – con l’aria che tira... – di interventi politici. Se così avverrà, avremo la conferma che in Rai il direttore generale conta come il due di briscola, e che in azienda comanda il primo che si alza dal letto.
Ma parlavamo di precedenti. Dal giorno in cui uomini sgraditi come Santoro e Ruffini sono stati reinsediati dalla magistratura, in barba appunto alla direzione generale, le regole interne sono via via saltate. Dove poi si usa il pugno duro, come nel Tg1 di marca berlusconiana (la stessa, per inciso, di Mauro Masi), proprio il dissenso interno trova validi motivi per far valere un opposto orientamento politico. Tu, Minzolini, agisci a tuo piacimento. Noi pure. Le gerarchie, chi se ne importa.
Se tuttavia sono evidenti i tracolli di autorità aziendale e i goffi tentativi di porvi rimedio, attenti a trasformare Fazio e Saviano in paladini disinteressati della libertà. La loro è anzitutto una furba mossa politica, come lo è il far rappresentare la destra da Fini. Il quale, semmai, sta oggi a Berlusconi come Diliberto sta a Bersani. E’ insomma un’occasione colta al volo, in concomitanza con lo stato di crisi in cui versano il premier e i suoi fedeli.
Per questo a Raitre sanno in partenza che, data la cronica debolezza dell’interlocutore, non pagheranno dazio. Dovesse poi intervenire, di nuovo!, il magistrato, Fazio e Saviano ci andranno a nozze come Santoro. E riavranno le prime pagine sui giornali, l’audience alle stelle in video.
Conclusione. Che beghe del genere facciano premio sui veri problemi nazionali, comprese le diramazioni a Seul, è segno dei tempi. Nessuna meraviglia. Solo il rimpianto di un’epoca nella quale i governi governavano e le regole erano una cosa seria, nel paese e perfino in Rai.
Giorgio Vecchiato