26/11/2010
Fazio e Saviano, già in versione statuetta del presepe.
“Di chi è la tv?”: dopo il pezzo di ieri, capitolo secondo. “Di chi è la Rai?”: visti i precedenti, capitolo cinquantesimo. Da decenni si sa che il cosiddetto Ente pubblico è, in concreto, una filiale della politica. Adesso, anzi da qualche tempo, il pacchetto azionario si divide. Oltre ai partiti comandano alcuni potentati interni, i quali si fanno beffe della gerarchia aziendale.
Facciamo grazia al lettore delle solite premesse, dal dominio mediatico di Berlusconi alla magistratura che assegna – caso Santoro – mansioni e orari. E sorvoliamo sullo stesso Santoro che può irridere alla Direzione generale senza pagare il minimo dazio. Tutto sommato, poi, Santoro è uno che sa muoversi. Persegue i propri fini politici ma lascia parlare, magari un po’ amministrandolo, chi non è d’accordo. La novità riguarda Fabio Fazio che, di fronte ad una richiesta del Consiglio d’amministrazione Rai, la respinge definendola “inaccettabile”. Ossia: come si permettono i vertici di ingerirsi di Vieni via con me? Cosa loro è, di Fazio e Saviano.
E si trattasse, che so, di una disputa sui rifiuti a Napoli o sulla riforma universitaria, temi che investono responsabilità molteplici e, televisivamente, hanno come via obbligata una tavola rotonda. No: qui si tratta di sapere se, dopo la tramissione su Welby e Eluana, ha il diritto di parola chi non vuole staccare la spina. Anche soltanto, come concesso all’umiliato Maroni, poter recitare il rituale elenco di tre minuti. Ma no, replica Fazio. Inaccettabili sia la richiesta aziendale sia la motivazione. Quando mai, da lui, ci si è espressi “pro morte”? Le sue erano, al contrario, “storie di vita”. La parola eutanasia, chi se la sogna.
Qui non si sa cosa ammirare di più, se la protervia o l’ipocrisia. Da un lato la debolezza dei capi, gli alti ascolti e il sostegno di una parte politica garantiscono a Fazio una padronalità che in nessuna altra azienda sarebbe tollerata. In più si assiste alla difesa burocratica del format, o come chiamare quella liturgia, quelle litanie di ovvietà dopo ciascuna delle quali, come ironizza il critico del Corriere, assai bene ci starebbe un ora pro nobis. E dall’altro lato, sempre da Fazio, il disprezzo del mondo cattolico e dei suoi valori.
Gli si implora, col cappello in mano, un minimo di spazio a favore della vita, contro l’eutanasia? Il libertario Fazio dice di no. Una volta assodato che in Rai i magni organi non contano niente, può farlo.
Giorgio Vecchiato