23/03/2011
Un Tornado inglese della Royal Air Force, armato con le bombe, in fase di decollo per raggiungere le zone di attacco sulla Libia.
La chiamano Odissea all’alba invece di Desert Storm o consimili sigle del passato, che immediatamente fanno pensare a una guerra. Questa, continuano a dirci, guerra non è. Curioso linguaggio, comunque. Il richiamo all’alba dev’essere legato al fatto che i jet bombardano di notte e, appena fa giorno, i piloti se ne tornano a dormire. Trattandosi poi di un’azione che comporta contro Gheddafi una specie di assedio, più che l’Odissea valeva l’Iliade. A meno che il richiamo a Ulisse non alluda a una riedizione del cavallo di Troia. Clicchiamo su Wikileaks, forse hanno già messaggi top secret.
Preveniamo subito un appunto del lettore: ma come, in Libia la gente muore e voi scherzate? Per carità, è l’ultimo dei nostri intenti. Tutto laggiù è terribilmente serio, anzi tanto serio che, prima di ricorrere ai missili, si potevano e forse si dovevano esplorare altre vie. Ovvio che andavano evitati i massacri promessi da Gheddafi. Ma la procedura prescelta ha aspetti ugualmente cruenti e, per di più, risvolti non poco grotteschi. Segnalarli, in un seguito di eventi che avrebbero richiesto meno disinvoltura, non significa affatto scherzare. Semmai è vero il contrario.
Per esempio, un inviato del Corriere informa che i missili hanno ucciso sotto Bengasi “da 400 a 600” uomini di Gheddafi. Si vede che esiste un codicillo Onu che consente di ammazzare soldati in divisa anche senza dichiarare una guerra. Nemmeno la Francia è in guerra con Tripoli: ma intanto fa sparire dal sito dell’Eliseo i ricordi dei festosi incontri fra Gheddafi e Sarkozy. Come sull’Enciclopedia dell’Urss, che depennava nomi e eventi sgraditi. E’ vero che adesso Parigi dà ragione all’Italia, adattandosi a un comando Nato. Ma solo dopo che i capi della Nato avevano chiesto, senza mezze parole, che cosa diavolo ci stesse a fare l’Alleanza Atlantica.
Nel frattempo i giornali pubblicano articoli di esperti, nei quali ci si chiede come sarà il seguito di questa “non guerra”. Forse una “non pace”. Più che studiare il dopo, chissà se non era meglio rifletterci prima. Come per la Siria, scrive una giornalista araba. Anche là c’è tensione: non è che gli occidentali vogliano “aiutare” anche i siriani? Oppure niente, non essendoci petrolio a Damasco? Chi vuole intendere intenda, specie se considera il “prima” più importante del “dopo”.
Ricordiamoci appunto la successione dei fatti. Una parte della Libia insorge, un’altra parte no. Si stabilisce che Gheddafi è un pericoloso satrapo, il che è vero, mentre i rivoltosi sono sicuramente dei compatti democratici, il che è da dimostrare. Essendo Gheddafi quello che è, stranamente ci si stupisce perché resista. Un bravo tiranno, quando il popolo si ribella, se ne deve andare. Solo che il Raìs tanto bravo non è. Inammissibile poi sostenere che un dittatore possa riscuotere consensi nella sua terra. Eppure Mussolini il consenso l’ha avuto, fino alla guerra. Hitler anche dopo. Così Stalin, con “la grande guerra patriottica”. Altro che luoghi comuni. La storia andrebbe studiata, anche nei suoi aspetti più sgradevoli.
Marin Faliero