21/05/2012
Le immagini, tratte dalle telecamere di sicurezza, che mostrano il presunto colpevole della strage (questa foto: Ansa; foto di copertina: Reuters).
Le indagini, quelle vere, le fanno poliziotti e magistrati, per fortuna. A noi giornalisti il compito di raccontare, se possibile dopo averci pensato sù. E l'odierna giornata, segnata dal dolore atroce per la morte di una ragazza, Melissa, ora chiusa in una bara bianca, suggerisce alcune riflessioni.
Sono usciti i filmati delle telecamere di sicurezza del chiosco posto di fronte alla scuola. Filmati che, come ha ricordato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, non avrebbero dovuto essere divulgati per non aiutare l'uomo sospettato di aver realizzato la strage. Uomo che, se colpevole, ora sa di essere stato identificato. Uomo che da due giorni ha fatto perdere le proprie tracce.
Abbiamo molto sentito parlare di mafia, di anarchici greci, in qualche grottesco caso persino di terrorismo islamico. Ma le fotografie di quell'uomo all'apparenza distinto, con i capelli bianchi, in giacca, non chiudono la questione, bensì la riaprono. Se la morte di Melissa e il ferimento di tante suo compagne è stato deciso da un uomo solo, qual è il motivo? Siamo davvero di fronte a un episodio di lucida follia? A una persona che concepisce un piano da delirio ma lo mette in atto con la lucidità di un chirurgo e la freddezza di un killer professionista?
Anche perché le altre piste, pur in secondo piano, non sono state abbandonate. "Non escludiamo alcuna ipotesi", dice il ministro della Giustizia Paola Severino. Ancor più esplicito è il procuratore della direzione distrettuale antimafia di Lecce Cataldo Motta, che sulla bomba contro la scuola "Morvillo Falcone" ha detto: "Hanno colpito quella scuola e credo che la motivazione principale sia il collegamento col nome a cui è intestata. Dovendosi compiere un attentato la scelta è ricaduta su una scuola dedicata alla moglie di Falcone. Questo fa parte dell'effetto terroristico dell'attentato. È stato colpito un obiettivo indiscriminato, poteva essere anche altrove per dare l'idea che nessuno può sentirsi sicuro".
Ora, una cosa va detta con chiarezza. Dalla bara bianca di Melissa e dai letti d'ospedale delle sue compagne si leva forte un grido che chiede giustizia. Ed è lo stesso grido che si alza dalla coscienza di un'Italia troppo spesso in credito di verità. Se si è trattato del gesto di un pazzo isolato, di un progetto di strage partorito da una mente malata, vogliamo che ci venga spiegato bene, vogliamo esserne sicuri. Su troppe altre bombe, da Bologna a Brescia a Milano, in passato è calata una confusione che ha acuito il dolore delle vittime e gratificato l'impunità dei colpevoli.
Fulvio Scaglione