14/09/2010
Una ruspa abbatte le capanne dei Rom sgomberati martedì 7 settembre dal campo che avevano occupato in una fabbrica dismessa di Milano, in via Rubattino.
Sgomberi ed espulsioni di zingari dappertutto.
Virili dichiarazioni di “guerra”
contro di loro in Francia. Una vera
emergenza? Sembra di sì, vedendo tanto agitarsi.
In realtà, insistere sulla minaccia zingara
paga in termini di consenso. Anche se le
minacce sulla società italiana o europea sono
ben altre. Eppure, agitare un fantasma incombente
(e poco consistente) è comodo.
La gente ha bisogno di scaricare il proprio
disagio di fronte a un mondo confuso e a
frontiere aperte. Si ignorano le difficoltà delle
periferie e dell’integrazione? No, le difficoltà
ci sono. Sono la faticosa integrazione dei
Rom e spesso le penose condizioni in cui vivono.
Lo mostra la speranza di vita dei Rom in
Italia, che si aggira intorno ai 50 anni (come
in Ciad, nel nostro Paese siamo sugli 82). La
soluzione non sono gli sgomberi, che spostano
il problema da una zona all’altra.
Guardiamo in faccia la realtà rom in Italia:
130-150 mila (di cui 60 mila cittadini italiani),
circa 30 mila dell’ex Jugoslavia. La loro
presenza è il nostro prezzo pagato per la crisi
balcanica degli anni ’90. I restanti sono romeni
o bulgari, frutto di un’unità europea
che genialmente non si pose il problema dei
nomadi. La situazione dei Rom è dura. Ma si
dimentica un fatto fondamentale: il 40% è in
età scolare. Sono un popolo di bambini. L’integrazione
si deve orientare su bambini e ragazzi
attraverso l’inserimento scolastico. Gli
sgomberi e gli spostamenti però rendono ardua
quest’opera. Così i piccoli rom vanno verso
un futuro simile a quello dei genitori. E il
problema non si risolve. Ci vuole l’attuazione
di un progetto di lungo periodo e non qualche
sgombero con grancassa. Inoltre, nel quadro
della legge, bisogna riconoscere in Europa
spazio e diritto al nomadismo, che dura
da secoli. Soprattutto le dichiarazioni pubbliche
sul pericolo rom finiranno per creare un
vero “antigitanismo”.
I Rom sono una minoranza europea, in
parte nomade, senza diritti, mentre ne godono
scrupolosamente minoranze di ogni tipo.
Il motivo è che i Rom sono poveri. Sono
un popolo (circa 12 milioni in Europa) che
non ha mai avuto né terra né nazionalismo,
che mai ha rivendicato niente se non lo spazio
di una diversità. Non si ricorda nemmeno
l’Olocausto di tanti zingari (dai 220 mila
ai 500 mila) che, nei lager della morte nazisti,
portavano il triangolo nero capovolto.
Questa memoria ci dovrebbe rendere accorti
verso un risorgente antigitanismo. I gitani
hanno pagato un duro prezzo. In Ungheria,
ad esempio, ci sono stati attacchi e assassinii.
Dobbiamo avere il coraggio di parlare di
“antigitanismo“ e di uso politico di esso. Se a
tutti i cittadini viene chiesta pazienza e responsabilità
in un vivere sociale complesso (i
cui problemi non vengono principalmente
dai Rom), alle autorità si chiede un’azione di
lungo periodo per l’integrazione e di evitare
di accentuare l’allarme sociale.
Andrea Riccardi