02/03/2011
Scusate, ci siamo sbagliati. Il ministro dello sviluppo economico Paolo Romani sarebbe al lavoro su una nuova bozza di decreto, dopo le polemiche suscitate dai tagli alle energie rinnovabili, che stavano per essere approvati dal Consiglio dei ministri, e di cui abbiamo dato notizia ieri.
Sono state fino a questo momento oltre 14.000 le persone che a partire da domenica sera hanno risposto all’appello SOS Rinnovabili, promosso dal tam tam della rete e dei social network e che hanno materialmente inviato un’ e-mail agli indirizzi dei ministri. Allo stesso tempo 65 parlamentari, appartenenti in gran parte alla maggioranza, hanno firmato un appello rivolto al Governo in cui si chiedeva di recedere dalle posizioni assunte.
Si è sollevata anche il ministro dell'ambiente Stefania Prestigiacomo, che ha chiarito come la bolletta elettrica degli italiani non sia più cara che altrove per gli incentivi alle rinnovabili, ma per altre voci presenti in bolletta, all'interno della “componente A3”. Andiamo a vedere se è vero, questa volta il ministro pare abbia proprio ragione.
Nella nostra bolletta il costo effettivo dell'energia ammonta al 30% del totale, mentre troviamo un 22% per i servizi di rete, un 14% di imposte, un 10% di ricarichi degli operatori, un 8% di costi dell'acqua, un 11% di altri oneri e, infine, un 3-5% attribuibile alla cosiddetta componente A3.
In questa quota potremmo legittimamente immaginare che vengano finanziate le rinnovabili e sarebbe anche poco, visto che in Germania vi è destinato il 10%, ma le cose non stanno così.
La componente A3 è un minestrone in cui le rinnovabili occupano il 69%. Di questo 69%, la metà esatta è assorbita dai Certificati Verdi ritirati dal GSE. Ovvero, gli imprenditori dovrebbero usare energia verde ed esistono dei certificati a questo scopo, ma se non sono abbastanza bravi da acquistare tutti quelli previsti, il costo di questo loro mancato impiego delle rinnovabili ricade sulla collettività.
Un 31% della componente A3 va poi a finanziare il sistema del Cip 6 che serve per incentivare soprattutto le cosiddette fonti assimilate, sostanzialmente un incentivo alle fonti fossili che, nonostante sia in esaurimento grazie allo stop stabilito dalla Finanziaria del 2007, nel 2010 pesava ancora per 1,2 miliardi di euro.
Vi è poi una quota per le agevolazioni tariffarie previste per le Ferrovie, agevolazioni tariffarie a favore di 14 piccole aziende elettriche che producono elettricità sulle isole minori (in modo da tenere conto delle particolari difficoltà e dei maggiori costi di produzione sulle piccole isole), un finanziamento per le attività di ricerca e sviluppo, un bonus elettrico per le famiglie disagiate e i malati che necessitino di apparecchiature salvavita.
Tutte finalità giustissime ma ci si domanda se debbano confluire proprio nella bolletta e poi, ciliegina sulla torta, paghiamo in bolletta i costi per lo smantellamento (decommissioning) delle centrali elettronucleari dismesse (Latina, Trino Vercellese, Caorso e Garigliano), per la chiusura del ciclo del combustibile nucleare (riprocessamento all’estero del combustibile nucleare irraggiato)
e per finanziare le misure territoriali stabilite per legge a favore dei siti che ospitano centrali nucleari e impianti del ciclo del combustibile nucleare.
Insomma, il nucleare pesa eccome in bolletta, anche se non lo abbiamo più dal 1987. In maggio con un referendum decideremo se tornare a questa fonte energetica, per i cui costi tanto state certi basta creare un'apposita nuova voce in bolletta.
Bolletta ivata naturalmente, perché a sorpresa, scorrendo la componente A3 scopriamo che è prevista pure l'IVA. Bizzarro, ma nulla più stupisce.
Gabriele Salari