22/02/2011
Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Unità d’Italia. Hanno fatto di tutto per
rovinare la festa. E, alla fine, quasi ci
sono riusciti. La prima a cominciare è
stata la presidente di Confindustria Emma
Marcegaglia. Ha chiesto di celebrarla, ma senza
perdita di «preziose ore di lavoro». Quasi
che il processo risorgimentale fosse una questione
di bottega o di azienda. Calendario alla
mano, però, quest’anno il 25 aprile cade di
Pasquetta e il Primo maggio di domenica:
un’eccezione per i 150 anni della storia del
Paese, forse, si poteva fare.
All’assist della Marcegaglia è seguita la Lega.
Ha preso la palla al balzo e ha introdotto
tutta una serie di “se” e di “ma” (come il fatto
che «la festa non ha copertura finanziaria»). Tutti pretesti, che hanno finito per
sminuire il significato della festa dell’Unità
d’Italia. Nonostante le strade delle nostre
città siano lastricate di lapidi che ricordano
il sacrificio di tanti giovani eroi e martiri
che hanno perso la vita per essa. Ormai, la
frittata è fatta. E qualunque sarà la soluzione,
risentirà di tutte queste polemiche. Ancora
non sopite.
È ammirevole l’opera tenace del capo dello
Stato per salvaguardare il senso della nazione.
Napolitano si è assunto una missione
difficilissima. Senza precedenti. Più difficile
di quella dei suoi predecessori saliti sul Colle:
rappresentare il punto di equilibrio tra le
istituzioni, in una fase di conflittualità e
smarrimento. E, soprattutto, tenere alta la
bandiera di quel patriottismo costituzionale,
avviato da Ciampi nel settennato precedente.
Non a caso l’ex presidente ha dichiarato,
in un’intervista al Corriere della Sera, di
sentirsi profondamente «avvilito».
Napolitano ha anche richiamato il presidente
della Provincia autonoma di Bolzano
Luis Durnwalder, saltato come un furetto sul
carro dell’antinazionalismo, in nome di una
“pretesa minoranza austriaca”. E dimenticandosi
di rappresentare anche la popolazione di
origine italiana e ladina. Pretesa minoranza
che rende la Provincia altoatesina uno degli
enti locali più beneficiati dalle tasse degli italiani.
Ma, forse, il prezzo delle incaute parole
del presidente della Provincia sono le disdette
dei turisti piovute da tutt’Italia. I cittadini
altoatesini, che godono di leggi e statuti sull’integrazione
che il mondo ci invidia, sono
gente pragmatica. Se ne ricorderanno.
L’ossequio alla Costituzione, oggi, è una
forma di rispetto per la patria. Nel momento
in cui si discute di federalismo, il miglior modo
per riconoscersi in esso è fare riferimento
alla nostra Carta. Il federalismo unisce, non
divide. È strumento di progresso civile e politico
degli italiani. Ma se ben inteso e solidale.
Altrimenti è bandiera disgregante di
un partito di impronta localistica.
Il presidente Napolitano, che oggi rappresenta
valori nazionali condivisi dalla stragrande
maggioranza di un Paese stanco di
fratture e lacerazioni, questo lo sa bene.