19/02/2011
Lasciamo pure da parte l’indignazione, ingrediente le cui scorte si stanno esaurendo. Attenti a non restarne senza. Del resto indignarsi porta a risultati concreti quando l’emozione popolare è così sentita e condivisa da provocare un reale cambiamento. Questo però succede in circostanze eccezionali: e non è nemmeno detto che gli effetti siano duraturi. Per esempio Tangentopoli mise sottosopra l’intera classe politica, ma penalmente fece volare soltanto quattro stracci. Passata la bufera, un po’ alla volta tutto è tornato come prima. Anzi peggio, per la sensazione di impunità che ne è derivata.
Il Pio Albergo Trivulzio di Milano, già travolto dallo scandalo all'inizio di Tangentopoli, oggi al centro delle cronache per gli "affitti facili".
Adesso ci si dovrebbe indignare ad ogni momento, visto il numero di tegole che ci cascano in testa. Ieri addirittura quattro in un giorno solo, mai successo: un paio di portata locale, ma rivelatrici di un perenne vizio nazionale; una a livello nazionale, anche se i protagonisti hanno radici locali; una infine internazionale, ma tale da coinvolgere per intero la nostra Nazione. Cioè a Milano lo scandalo degli affitti e a Roma quello delle assunzioni pilotate; sempre a Roma i ministri della Lega Nord che non vogliono festeggiare l’anniversario dell’Unità, senza sentire il dovere di dimettersi (dimissioni che i colleghi di governo, peraltro, si guardano bene dal sollecitare); infine il sarcasmo americano sull’Italia, fonte WikiLeaks, che dovrebbe provocare proteste ufficiali ma certo verrà minimizzato. Né è da pensare che qualcuno rinfacci qualcosa a quei capi americani, presidenti e militari, cui si devono disastri come la Baia dei Porci a Cuba, la guerra perduta in Vietnam, le figuracce in Iran, le menzogne usate per invadere l’Iraq, lo stallo in Afghanistan, i detonatori che oggi fanno esplodere il mondo arabo. Insomma, da che pulpito...
Resta il fatto che denunciare i peccati altrui non significa assolvere i nostri. Il Pio Albergo Trivulzio doveva aiutare i poveri, ha preferito favorire ricchi e potenti. Gli amministratori romani hanno assunto non i meritevoli ma il parentado. I leghisti continuano a esaltare un federalismo dai connotati tuttora ignoti, ma destinato ad alimentare doppioni, burocrazie e tasse. Ci sarebbe anche da dire qualcosa su quelle regioni, indovinate quali, dove gli scandali nemmeno fanno più notizia. Anche perché i loro dirigenti sono più furbi. Non violano i regolamenti. A scanso di noie, se li cambiano in anticipo. Così, anche laggiù, non è davvero il caso di indignarsi.
Giorgio Vecchiato