22/04/2012
Manifestanti in favore del Movimento di liberazione del Sud Sudan (Reuters).
Di nuovo venti di guerra, fra Nord e Sud Sudan. Nei giorni scorsi, la tensione tra i due Paesi era aumentata fino al punto che il Parlamento di Khartoum aveva votato una risoluzione che qualificava come “nemico” il governo di Juba (la capitale del nuovo Stato meridionale), mentre i parlamentari invitavano a mettere fine al potere del Splm (l'ex movimento ribelle oggi al governo nel Sud). Non una vera dichiarazione di guerra, ma quasi.
L’escalation della tensione si era innescata con l'occupazione di Heglig – un’area petrolifera rivendicata da entrambi gli Stati – da parte delle truppe sud-sudanesi, e le incursioni aeree dell'aviazione di Khartoum su alcune località del Sud Sudan.
Ora sembra che la guerra aperta sia scongiurata, almeno per il momento: il governo di Juba, infatti, ha annunciato il ritiro dei suoi soldati dalla zona petrolifera contesa. Il presidente sud-sudanese Salva Kiir ha dichiarato che pur non riconoscendo la sovranità di Khartoum su Heglig farà rientrare le truppe in segno di accoglienza degli appelli espressi nei giorni scorsi dal Consiglio di sicurezza dell’Onu e dall’Unione Africana.
I militari di Juba avevano assunto il controllo di Heglig il 10 aprile scorso. L’occupazione aveva determinato un calo significativo della produzione di petrolio di Khartoum, già penalizzata dalla perdita dei giacimenti greggi rimasti nei territori meridionali con l’indipendenza del Sud Sudan del 9 luglio 2011.
Un impianto petrolifero in Sud Sudan (Reuters).
L’offensiva portata su Heglig, d’altra parte, era stata decisa da
Juba per sbloccare la situazione di stallo di un’altra importante area
petrolifera contesa, quella della regione di Abyei, da mesi occupata
dai militari di Khartoum. Il Presidente del Sud, Salva Kiir ha
ripetutamente chiesto all’Onu di costringere il governo di Khartoum di
ritirare le sue truppe.
Inoltre, da gennaio scorso il Sud Sudan ha sospeso l’estrazione di greggio per protestare contro le eccessive richieste economiche avanzate da Khartoum per il diritto di passaggio del petrolio dai suoi oleodotti, unica via, per ora, perché Juba possa esportare il proprio greggio.
Insomma, una situazione estremamente delicata e complessa, che potrebbe portare presto a un nuovo conflitto su larga scala. Conflitto che sarebbe disastroso, per entrambi i Paesi, come ha sottolineato monsignor Daniel Adwok, vescovo ausiliare di Khartoum: «Se Juba e Khartoum non tornano a negoziare», ha dichiarato all’agenzia di stampa Misna, «sarà impossibile rimuovere le cause delle tensioni fra i due Paesi. I governi non hanno fiducia l’uno dell’altro e per questo serve l’aiuto della comunità internazionale».
«Si torna a parlare di guerra», ha aggiunto il vescovo, «a soli sette anni dalla fine della guerra civile: è terribile”. L'Unione Africana, intanto, ha lanciato un appello perché i due governi ritirino le rispettive truppe dall'area di Abyei.
Sarebbe un primo importante segnale di distensione anche da parte di
Khartoum, dopo l’annunciato ripiegamento di Juba dalla zona di Heglig.
Luciano Scalettari